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La raccolta di poesie di Luccia
Danesin Un fard rosso arancio appena uscita per le Edizioni del Leone di
Venezia si chiude con una "Nota" (che altro non è se non una dichiarazione di
poetica) in cui l'autrice rende conto del suo scrivere. "Ho avuto fin da bambina
– spiega – un continuo colloquio con me stessa e, nella cornice del silenzio, ho
sempre cercato la scrittura (poi la fotografia), come esigenza emotiva per dare
forma a questo 'flusso' che altrimenti andava a confondersi, ad appiattirsi fra
i tanti frammenti quotidiani.'
Poeta e fotografa è l'autrice. Ma se
nelle fotografie cerca il dettaglio ingrandito di un fiore, come quello
rossoarancio riprodotto in copertina a sottolineare il titolo del libro, Luccia
nelle poesie cerca di rendere gli attimi dell'intermittenza del pensiero che lei
lascia scorrere, inframmezzando i non detti e gli accenni con puntini di
sospensione, come se volesse dire e non dire, lasciando al testo poetico e a chi
lo legge il compito di svelarne o completarne il significato:
Non ho quelle parole con amore
e sempre
ci gioco - la sera -
con mia figlia solamente.
Presenze discrete sono la figlia e la madre, figure comunque accennate non
interlocutrici, simboli di sicurezza affettiva ma anche, come dimostrano le due
intense composizioni sulla tomba della madre morta, del dolore del distacco. La
tragedia della perdita, resa metaforicamente dal buio della notte, è spesso
mitigata dai “richiami di luce” delle stelle e della luna o da pennellate
azzurro chiaro. La vita esterna della città incombe tutt'intorno, ma da
lontano, col richiamo della sirena di un'ambulanza, ma soprattutto con la
rassicurante presenza di piccoli animali: lucciole e rane, passeri e rondini nel
giardino e nel cielo. Anche il gelo dell'inverno è mitigato da “viole, crochi/ e
qualche gracile pansé”.
Ovunque le composizioni riportano al
silenzio, oltre il rumore e le grida. Una sola, la piú sperimentale, intitolata
"Pizza" - si azzarda a portarci tra “voci, risate, / emozioni raccolte in
bocconi” e a concludere in due diverse pagine la risoluzione finale basata sul
gioco di parole:
Con forchetta e coltello,
ho fatto punte di lancia
del mio cerchio di pane.
...piccola, invitante esca
al termine di un aguzzo ‘amo’...
Così questo
primo libro di poesie di Luccia Danesin si pone come la prima pietra di quelle
che, disposte una dopo l’altra sul greto di un torrente, si chiamano ‘pietre di
passo’ e consentono di attraversare l’acqua: piano piano, in equilibrio e in
silenzio.
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Recensione |
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