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Sàgana
Dal “Filobus” a “Sàgana”
[…] In Sicilia, per motivata scelta, è invece voluto
rimanere Lucio
Zinna, nato a Mazara del Vallo nel 1938, ma da tempo stabilitosi a
Palermo, dove è diventato tra i maggiori operatori culturali, attraverso la creazione di varie riviste di alto prestigio, da «Sintesi» ad
«Arenaria». A non voler ricordare il precocissimo esordio del 1954
con Al chiarore dell’alba (Palermo, Italgrafica), un volumetto di
liriche che costituiscono un pregevole esempio di
apprendistato, Zinna
ci dà la prima opera importante nel 1964 con
II fìlobus dei giorni (Palermo, Malato), in cui è ancora vivo il ricordo
dell’adolescenza
trascorsa nella cittadina peschereccia, dei primi amori,
del padre,
partito per il Marocco prima che egli
nascesse e poi ritornato per un
solo breve
giorno.
Si tratta di una materia carica di bagaglio umano,
di concreti legami con la realtà, ma già controllata da uno stile tra il
commosso e l’ironico che rimarrà sempre una cifra
suggestiva del
poeta. Zinna non è ancora persuaso, però, di
doversi muovere lungo
questa linea e nel 1967 pubblica, per i
«Quaderni del Cormorano» uno opuscolo in poche
copie, Antimonium 14, che sembra un punto di
passaggio essenziale
per capire l’evoluzione artistica del poeta. In esso, forse cedendo alla volontà
di confrontarsi con taluni versanti ripidi e malagevoli della lirica
contemporanea, egli tenta la strada
dello
sperimentalismo. Eppure, ci si accorge che, nonostante gli accorgimenti grafici e le citazioni preziosamente peregrine, Zinna tende
non alla distruzione del linguaggio, ma ad una sua più moderna
ricomposizione, senza trascurare il filo della logicità. Così accade
che, quando nel 1974 esce Un rapido
celiare, ancora per «I quaderni del
Cormorano», ritroviamo nell’alternarsi di liriche e di prose di cui il
volume è contesto, scritte nel lungo periodo ’64 -’74, un ritorno alla
specularità del linguaggio che, però, si è
fatto più maturo e sapiente.
Comprendiamo allora che l’esperienza di Antimonium è stata come
una febbre da cui Zinna è guarito,
immunizzandosi per sempre dalla
sperimentazione professionistica, eppur conservando la positività di alcuni
virus.
Nel 1976 vede la luce Sagana (Crotone, Quaderni del Punto) che
raccoglie poesie scritte dal ’74 al ’76, oltre ad una scelta antologica delle
due precedenti sillogi. Sàgana, piccolo ed ignoto
paese del Palermitano, viene scelto come
simbolo di quella possibile e anonima
felicità che è sempre alla nostra portata, ma alla quale ci sottraiamo,
distratti dai mille impegni quotidiani. In questa raccolta
emergono chiaramente le qualità del poeta
mentre si chiarisce il suo rapporto
con una Sicilia araba ed europea nello stesso tempo, nello
stesso tempo «un po’ Venezia e un po’
Tunisi». La fedeltà all’isola («il
nostro cuore ha forma di triangolo») testimonia l’accettazione di un destino
«difficile» al quale non si può sfuggire.
La singolarità di
Zinna uomo
e operatore culturale consiste nell’essere da un lato
fortemente
interessato alla cultura europea
e,
dall’altro, non dimentico
di avere visto da ragazzo i vascelli salpare
per le terre africane,
descrittore della Sicilia con colori di calda
e un po’ languida sensualità mediterranea.
Tuttavia, se dovessimo trovare una definizione per
Zinna non
potremmo che chiamarlo poeta d’amore: amore per la sua
terra, per i suoi emigranti, per le sue donne. Indimenticabili ritratti
femminili ci vengono consegnati con il sigillo della perennità, dall’enigmatica
Monique alla quattordicenne di Piccola Semiramide di
nylon
che reca in sé il fascino di un’età
irripetibile. Questa materia
viva, palpitante, aliena dal «messaggio» ma
tutta calata nella nostra
umana verità di anima
e di corpo, trova la sua espressione in un
linguaggio
che fonde, con assoluta padronanza, ardite crudezze con
dolci trasalimenti: composito, com’è la vita. Zinna, che è direttore
didattico, ha anche scritto di pedagogia e filosofia; in ultimo si è
cimentato nel genere biografico (leggermente romanzato) con Come
un sogno incredibile
(Pisa,
Giardini, 1980), che rievoca, con finezza di
interpretazioni, la fine misteriosa di Ippolito Nievo, forse vittima di
un «delitto di stato», singolarmente anticipatore di tante tristi pagine
della nostra storia, siciliana e italiana.
in: AA.VV., Novecento Siciliano
(a cura di G. Caponetto, S. Collura, S. Rossi, R.
Verdirame),
Catania, Editrice Tifeo, 1986.
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Recensione |
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