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Giulio Ghirardi, un uomo in cerca
Figlio naturale della Venezia colta e decadente, sciamano della parola

“non cercarti fuori di te”
Persio

Ha scritto anni fa Italo Calvino che la letteratura rivoluzionaria è sempre stata fantastica, satirica, utopistica, mentre il realismo ha portato di solito con se un fondo di sfiducia nella storia. Se questo può dirsi per Giulio Ghirardi, bisogna pure riconoscere che lo scrittore veneziano una tale sfiducia la riscatta recuperando la storia al presente, rendendola allegoricamente contemporanea: fa entrare in gioco una visione fantastica del narrare, che emargina la dimensione storica intesa come ricostruzione di ambienti, di tempi e persone. Essa gli serve semmai come sfondo indefinito, su cui i fatti si dilatano o si contraggono inseguendo i fili di un estro inventivo: speculazioni metafisiche in una concezione della letteratura come insieme di segni e significati, in un rapporto con la realtà instaurato e mantenuto attraverso mediazioni sempre più ampie e in primo luogo quella del linguaggio.

Il muoversi di Ghirardi tra i margini della realtà e della allegoria, la sua capacità di dosare quotidiano e simbolico, di disegnare preziosi arabeschi verbali, non hanno potuto non riproporre i riferimenti e le parentele più diversi: dal secentismo lussureggiante del barocco marinista alla gioiosa sensibilità linguistica e al polifonismo di un Rabelais, sempre così propenso al capriccio verbale, allo svariare erudito e alla satira; fino al Queneau dei lipogrammi, alla sua scrittura fantastica, ricca di coinvolgimenti gnoseologici e sostenuta da un retroterra culturale eclettico, insaporito da una ironia dialettica di marca razionalista. Ma chi è Giulio Ghirardi, questo insolito animatore e traduttore dei temi del tempo, della solitudine, della partecipazione? Figlio naturale della Venezia colta e decadente, avvolta nei liquidi splendori di una bellezza crepuscolare eppure commovente, mi è sembrato evocare il viaggiatore sopra un mare di nebbia dipinto da Caspar Friedrich e immerso nella cupa solitudine di una figura che da una altitudine incerta guarda quanto gli è sottratto dalla caligine, con l'atteggiamento di chi attende che si faccia chiaro davanti a se: vi è come sospeso il sentimento romantico del misterioso dell'infinito, di una Sehnsucht dell'inafferrabile, ma insieme un segno di lucidità di coscienza e di rigore formale.

Ghirardi è qui: viaggia, vuole vedere, sperimentare, costruisce mediante sorprendenti lampeggiamenti semantici il personale edificio di una filosofia della vita e dell'arte. Non solo, ma le montagne di Friedrich chiamano quelle Dolomiti che ha a lungo amato nelle sue peregrinazioni tra i pensieri e i sentieri d'Ampezzo e più giù del Cadore, alla ricerca di una purezza dell'aria che fosse contemporaneamente purezza della mente e felicità dei sensi. Lo incontravo silenzioso e assorto interlocutore della natura, quasi che un sentimento panico gli ispirasse i passi. Sciamano della parola, già allora compilava i suoi florilegi virtuosi, nei quali le figure del dominio retorico azzardano immagini inattese nel gioco delle metafore, delle sinestesie, degli aforismi, dei soprassalti ironici: alchimie del linguaggio, il gigantesco "come se" di Manganelli, come una legislazione ipotetica che in primo luogo inventa i propri sudditi, i luoghi, gli eventi. E' il mondo di Ghirardi, in cui si muovono "teatrini tascabili", in cui i ricordi diventano laminatoi della coscienza e ogni racconto -come ad esempio in "Amore e ironia" –sembra assumere i tempi e i timbri di una musica dell'atonalità, dove la dissonanza acquista la sua trionfale autonomia. "La scrittura è la tua vita": seduto sulla "panchina dei poeti" Ghirardi dà ragione della sua inesauribile prolificità letteraria, mentre insegue il materializzarsi dei suoi fantasmi, prosciugati nei frammenti dei suoi "minima moralia": impossibili da riassumere perche già sintesi massima degli umori intellettuali e sentimentali di un uomo in cerca perenne. Diceva Shakespeare che nessun pensiero è contento di se, e dunque Ghirardi i suoi li insegue, li ferma, li disseziona per trovarvi la pietra filosofale della verità. Sarà, il suo, un cammino arduo, affascinante e infinito.

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