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In
questa
Camera
oscura
si
ritrova
l'inconfondibile invenzione stilistica di Ruffilli di raccontare piacevolmente
storie frantumandole in numerosi brevi incisivi flash, ora deliziosamente
descrittivi, ora quasi riflessivi, spesso apparentemente slegati e quasi
autonomi, ma sempre vivaci e frizzanti. Con questo accorgimento
egli riesce a ottenere nel lettore di poesia d'oggi il mirabile effetto di non
annoiare mai, pur parlando di cose, gente e fatti di comunissima vita .quotidiana
ed ordinaria amministrazione. La sua
Piccola
colazione,
del 1987, non aveva una vera e propria struttura poematica, pur essendo
costituita da diversi poemetti; è nel successivo
Diario
di Normandia del
1990 che Ruffilli affronta l'affresco, formato di vari quadri legati insieme
dall'unità di tempo e luogo, con l'innovazione di concentrare all'inizio di
ogni quadro, quasi a mo' di prologo o introduzione, le sue
coloristiche descrittive d'ambiente e di situazioni; le brevi poesie, o
strofette, che seguivano questa introduzione d'ambiente, costituivano
una sorta di «approfondimento» psicologico, uno sviluppo riflessivo suddivise
in tante piccole singole meditazioni, nate in quella cornice paessaggistica ma
tenute anche tipograficamente ben distinte da essa con l'ausilio di parentesi.
In
Camera
oscura
Ruffilli porta alla massima perfezione formale la struttura dell'affresco
unitario composto da numerosi quadri dove è fatta una netta separazione fra la
parte descrittiva di ciascuno e la serie di flash delle riflessioni. Anche in
questo libro v'è una stretta unità di luogo e di tempo; dove il «luogo» è
l'album delle foto di famiglia osservate senza lacrima con la cura analitica del
perito retore davanti al cadavere sul tavolo di marmo («quasi minerali,
reperti fossili di un'altra era» scrive Raboni nella sua nota); e dove il «tempo» è quello vissuto da una delle nostre famiglie borghesi nell'arco d'una o
due generazioni. Ogni foto viene, ad inizio pagina, descritta con
brillanti pennellate ed isolata, direi quasi incorniciata, da due
parentesi. Sfila così dinanzi ai nostri occhi tutta una galleria di personaggi
imbalsamati nella fissità della loro posa fotografica, ma che il Poeta fa
subito delicatamente rivivere, con flash della memoria o della fantasia, in
una specie di limbo distaccato. A questo effetto contribuiscono sicuramente la
brevità epitaffica dei versi e soprattutto l'uso continuato
dell'enjambement, che conferisce loro una sorta di rigidità metafisica anche se
il rovescio della medaglia è una certa difficoltà di lettura. Il mondo che si
dispiega in questo libro è un libro di anime e memorie dove ironia,
tenerezza, pietà, e anche il terribile dramma esistenziale di ognuno, si
smussano e stemperano in una tavolozza di colori appena pudicamente accennati.
Come la pur sconvolgente piccola bara del neonato che chiude la galleria, «pesce di un mare minimo
| tratto fuori dal vaso », preso quasi a simboleggiare
le nostre effimere vite incompiute, che invano l'occhio d'una macchina
fotografica si sforza di fissare su un cartoncino: «Stato era solo |
assestamento di funzioni | non riuscito. Qualcuno | principiato e | mai finito».
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Recensione |
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