| |
In una recensione sul volume di versi La porcellana più fine, di Lucio
Zinna, edito da Salvatore Sciascia, pubblicata su “Il giornale dei poeti” nel
dicembre 2004, scrivevo: “Lucio Zinna non somiglia a nessuno, è immediatamente
identificabile e presenta un mondo personalissimo e ben caratterizzato che, in
ogni caso, riesce a universalizzare.” Confermo questo giudizio anche su questo
ultimo libro di Zinna, intitolato Poesie a mezz’aria, dove prevale un
dettato colloquiale, senza abbandoni esistenziali, espresso con lingua compatta
e in uno stile inconfondibile, senza neutralità né cedimenti elegiaci. Anche in
questo testo fa ampio uso delle parentesi e dei corsivi con cui mette in rilievo
delle sottolineature, che rappresentano una sua caratteristica.
Solidi impianti contenutistici e formali, oltre a una forte complessità
espressiva attestano un costante stato di grazia della poesia di Zinna e una
straordinaria vena poetica. E infatti viene sottolineato l’inscindibile rapporto
letteratura-vita in una lirica fortemente intellettualizzata, che non perde in
spontaneità e in tenerezza. Come avviene nella splendida poesia d’amore,
intitolata “Come quando”, dove i concetti di estrema semplicità e spontaneità,
sono il frutto sia di autentico sentimento, che di raffinata capacità
espressiva: “Non starmi lontano – poco o molto – | ogni tua assenza mi lascia a
mezz’aria. | Ti sorprendi quando te lo confido | e mi meraviglio se mi riveli
|
che lo stesso accade anche a te.”
Si tratta di un libro maturo, di limpida chiarezza espressiva, dove il
monologo poetico sottintende un dialogo con l’altro da sé, come intreccio di
soluzioni. Ricco di un’intima riflessione sulle cose umane, parte da un
microcosmo, apparentemente minimalistico, per inserirsi nei grandi temi
post-novecenteschi, recuperando teorie e idee. Gli episodi reali e i personaggi
che popolano il libro sono il mezzo con cui viene affrontata una tematica di
vita più ampia e assolutamente universale.
Il volume è diviso in cinque parti, che sono così intitolate. “Transiti”,
“Legami”, “Trittico per l’una”, “Insolarità”, “Stanze agiografiche”. Nella prima
parte è la natura, come metafora della vita, che prevale; in “Legami” l’autore,
restando sempre protagonista, usa la seconda persona singolare e si rivolge a
qualcuno che non è soltanto una parte di se stesso. Nella terza parte ci sono
tre liriche (tra cui la già citata, in parte, “Come quando”) che ogni donna
vorrebbe poter ispirare al proprio uomo, soprattutto dopo molti anni di
matrimonio.“Insolarità” contiene un’unica composizione che vuole svolgere una
funzione di rottura, per la sua originalità strutturale e in “Le stanze
agiografiche” ci sono le bellissime liriche dedicate ai gatti (che l’autore
definisce “miracolo di natura” ed io sono d’accordo con lui ) e a personaggi
esistiti, che rappresentano il mondo e la vita, nella sua complessità e varietà.
Il sintagma
del titolo di questo volumetto, relativamente “a mezz’aria” viene spiegato
dallo stesso autore, in una nota, che precede i testi: “[…] Generalmente la
locuzione ‘a mezz’aria’ è usata (in senso letterale o metaforico ) per denotare
quanto, tra alto e basso, si trovi in una condizione sospesa (anche all’interno
del soggetto). In senso più estensivo, può riferirsi, shakespearianamente, alle
‘molte cose’ che ‘possono trovarsi tra terra e cielo’.” | |
 |
Recensione |
|