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Affari di cuore
“La
mia sorte, | con te, | è sempre di aspettare”. In questi
tre semplici e laconici versi il poeta Paolo Ruffilli ci spiega qual è stato il
suo rapporto con la poesia amorosa. Dopo svariate ed eccellenti sillogi, e in
età matura, questi ha deciso che era giunto il momento opportuno di scrivere
riguardo l'amore. Un percorso inverso, non dalla lirica amorosa a quella
impegnata bensì da quella impegnata a quella amorosa. Ho riflettuto molto su
questa particolare scelta. Molti poeti cominciano con la penna infiammata dalla
semplicità del più nobile e appassionato dei sentimenti, e continuano la loro
carriera con liriche impegnate. Ma Paolo Ruffilli, poeta e scrittore raffinato,
ha ponderato bene il suo percorso. E non ha voluto prendere sottogamba il genere
amoroso. Non l'ha voluto banalizzare. Probabilmente sin dall'inizio si era reso
conto che non si trattava di un sentimento giovanilistico, spassionato,
infantile. Ruffilli ne ha voluto parlare con l'esperienza non di un ragazzo,
bensì di un uomo. Con il bruciante sentimento di colui che ha conosciuto, e che
conosce l'argomento di cui parla. Anni fa, ricordo, egli mi disse che la poesia
non deve essere ipocrita. Significherebbe privarla della propria dignità. E così
egli ha fatto. L'amore – che termine terribile per descrivere il complicato
rapporto tra uomo e donna, tra poeta e musa! – non è un gioco di versi e
sillabe. Questa parola ha una sua ancestrale dignità, e porta il peso di troppo
sangue. Un peso a dir poco insopportabile per una sola persona. Paolo Ruffilli
ha dunque aspettato che i tempi fossero maturi, che le uve fossero cariche di
vino rosso, che i marmi fossero levigati a dovere. Ha atteso che la sua anima e
la sua penna fossero libere dall'ipocrisia di quelle parole dipinte di rosso ma
che nulla hanno a che vedere col fuoco.
Paolo Ruffilli, scrittore, pittore e musicista della parola, ha scritto,
dipinto e musicato questa opera. La ritmica si perde a favore di parole che non
devono domandare: figlio del miglior Novecento non si sente imbarazzato a
infrangere i dettami dei suoi predecessori. La poesia è una forma d'espressione,
non un diletto sintattico. Egli a ferro e fuoco marchia la pelle della carta con
le sue immagini. Immagini che vivono anche prive di contesto. Immagini mature.
“Apri le porte | finché le puoi aprire” è un verso
perfetto: non ha bisogno di anticipazioni o di conclusioni. Questo è un verso
privo di idealismi amorosi. È il verso di un uomo che conosce a fondo i
limacciosi torrenti dell'amore. Bisogna domandare, bisogna osare. Bisogna
rischiare. Altrimenti ci si ritrova in un canneto sospinto da un vento di
infantili emozioni, da un sospiro privo di carne e sangue.
“Mentre la bacio | è te che bacio”. La maturità della
poetica di Paolo Ruffilli è avvertibile dai suoi versi più emblematici. Nella
lirica “Addosso” il poeta annichilisce ogni sorta di fraudolenta ipocrisia
amorosa. Non esiste tradimento nell'amore, non esiste contraddizione
inconsapevole. Tutto è in funzione della donna decantata. Amarla significa
oltrepassare il confine della moralità, o meglio, del buonismo. Amarla significa
ritrovarla su altri corpi, solo per armonizzarla più intensamente sul nostro.
Una traduzione intelligente dell'opera di Paolo Ruffilli potrebbe essere, se mi
è permesso il gioco di parole, “L'Affaire Amour”, ammiccando al grande Zola, in
quanto i versi che a noi è permesso di leggere ci introducono in un vero e
proprio universo di sensazioni concrete, non fittizie, non fanciullesche, non
immature. Nella mia piccola presunzione penso che queste liriche abbiano un
significato più intimo che oggettivo, più segreto che urlato.
Forte di un lirismo del secondo Novecento, Paolo Ruffilli
non utilizza il metronomo per le sue parole. Preferisce lasciarle libere come
gabbiani su un dipinto marino, come vette innevate e armoniose su un cielo
meditabondo. Talvolta la “pelle di luna” nerudiana e la carnalità sacra e
profana di Alberti ci aiutano a comprendere qual è il sentiero che ha preso per
raggiungere la sua amante, ma è soprattutto la sbalorditiva magnificenza delle
sue parole, semplici e quotidiane, che ci portano in un quadro che, nella sua
intima e perfetta soggettività, sicuramente riguarda tutti quanti noi. Leggere
gli “Affari di Cuore” di Paolo Ruffilli significa fare i conti con la realtà,
senza fraudolenze, bandendo certe misere ipocrisie più o meno contemporanee.
Dall'inizio dell'uomo l'amore è crisi, è dolore, è lontananza, è sacrificio, è
indolenza. È un oscuro e delirante desiderio. Questo io ho letto nelle parole di
Paolo Ruffilli. E se ognuno di noi ha una colpa, ebbene quella di Paolo Ruffilli
è di essere un enorme poeta contemporaneo.
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Recensione |
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