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Affari di cuore

Il letto per l’amore | è un campo di battaglia | del mistero: vi dura la pace | nella guerra e nel conflitto, | più si è morti | più si vive meglio | da risorti | e, colpendo, ognuno vuole essere trafitto.

Sono i versi che Paolo Ruffilli, poeta, scrittore, critico, uno delle voci migliori nel panorama letterario odierno, ha scelto come quadro di copertina del suo ultimo libro Affari di cuore pubblicato da Einaudi nel mese di agosto 2011, versi che si ergono a manifesto del messaggio poetico contenuto in questa raccolta. Quasi una guerra dichiarata dunque l’amore, con qualche tregua in pace illusoria, alla perenne ricerca di colpire e di essere colpiti, di morire e di risorgere perché solo così la meravigliosa tensione creata dall’innamoramento potrà durare, rigenerarsi, confondersi e distinguersi nella quotidianità dei gesti, nella monotonia del deja vu dato dalla massima conoscenza di ogni millimetro del corpo dell’amato/a. Paolo Ruffilli con la sua ormai consolidata maestria ci prende per mano, ci suggerisce attimi, situazioni, erotismo dichiarato.

Affari di cuore richiama a tratti l’intima constatazione di una libertà preclusa, già apparsa anche se in un contesto diverso in “Le stanze del cielo”, dove la capacità d’immedesimazione di Ruffilli gioca abilmente con la vita e con la morte imprigionando il pensiero, mettendo a tratti le sbarre all’immaginazione: una costante nella scrittura di Ruffilli. Fantasia dunque in Affari di cuore e capacità notevole di calarsi con sottile erotismo in un rapporto a due, descrivendone passione sì di cuore, ma soprattutto di testa, quasi volesse lanciare un messaggio lucido, schietto e privo d’orpelli sull’innamoramento; parrebbe che la passione stessa si denudi, si tolga le bende dagli occhi, si analizzi in un continuo esporsi e celarsi. Il poeta Paolo Ruffilli è un analista spietato, senza nessuna concessione al sentimentalismo fine a sé stesso, un chirurgo del cuore, attento e premuroso nel frugarlo affidando al canto, al verso breve (raramente arriva al novenario o all’endecasillabo) una musicalità sincopata impreziosita dall’uso sapiente dell’enjambement, a volte più distesa, quasi un bussare discreto come riesce a fare appunto il cuore in bilico costante tra felicità e infelicità. Fisicità e fantasia, desiderio di possesso che va oltre l’unione dei corpi in un’intimità erotica di pelle e di mente, incalzante in un’autoanalisi che scuote il lettore, lo conturba in pensieri reconditi che credeva di non aver mai provato e che invece si scopre a possedere in tutta la loro interezza e complessità, perché l’amore è un “affare” complicato, abbisogna di cura costante, il dare e l’avere non producono quasi mai un pareggio e la contabilità segreta è serrata a doppia mandata nelle stanze della mente; raramente si prova il desiderio di aprirle, quasi si ha paura di rompere incanti, di svilire sentimenti, di lasciarsi prendere al laccio dalla logica. Un aforisma di William Shakespeare dice: “Ma Amore è cieco e gli amanti non vedono le dolci follie che commettono”. Invece, nelle liriche raccolte in Affari di cuore, l’amore ha occhi spalancati, non si lascia sfuggire nemmeno un fremito, è l’abito che ti si stringe addosso (parola cara all’autore in questa silloge) come seconda pelle in una fisicità gioiosa e lacerante al tempo stesso. Gioia e infelicità, incanto e disincanto, desiderio di analisi, interrogativi, passione alla potenza dunque nei versi di Ruffilli, ma soprattutto controllo totale e possesso di anima e di corpo nel loro momento più magico.

Morde la tigre | e graffia sulla schiena. | La lingua | staffile e sirena | che avvinghia | e scivola poi via. | Tenuto alla catena | ti voglio mia, | fedele a me | in assoluta dipendenza. | Disporre, sì, | di tutta la tua vita | senza più misura. | Anche se è | contro la ragione, | anche se sento | che è un inganno | e una violenza | per paura. | In detenzione mia…| Qualunque cosa sia. (“Detenzione” pag. 97). In questa poesia emerge la fisicità dell’intreccio amoroso che in tutta la raccolta dirige ciò che il poeta intende esternare, per poter spaziare al di là della liricità con una prepotenza e uno scambio di pensiero denudato che non ha paura dell’apparente violenza graffiante: così è la passione quando intende mostrarsi senza infingimento, per il desiderio di possedere e nel contempo di essere posseduto, ben consci di quello che tutto ciò si porta dietro in termini di “prigionia”. Un continuo scambio di emozioni, un’autoanalisi in alcune liriche addirittura crudele: Sono tornato solo | per morderti e graffiarti | e per colpire | a schiaffi e pugni | la tua carne | e farti usare | infine su di me | le unghie e i denti. La ricerca del piacere sfiora l’angoscia quando è ancorata alla ricerca di una motivazione, quando si vuole spiegare a sé stessi quei perché inspiegabili in amore.

Paolo Ruffilli si rivela in questo suo Affari di cuore ancora una volta poeta vero, coraggioso duellante su un campo minato quale è il cuore inteso anche come anima e mente, e raziocinio. Perché per amore si può anche impazzire o solo appena sconfinare al di là della normalità, si può morire e risorgere, gioire e disperare. Perché l’amore è un “affare” delicatissimo, personale. Difficilmente costante. È una corda tesa che ci vuole equilibristi, un po’ sognatori, imprenditori di sé stessi, con una buona dose di incoscienza e la capacità di dosare la passione lacerante, di giostrare l’asse che ci sostiene sul filo. Nessun acchiappanuvole può superare la tensione.

Paolo Ruffilli in ritmo serrato e coinvolgente ci ha trascinati, moderno menestrello, per sentieri intriganti, si è intrufolato Al mercato dell’amor perduto analizzando un percorso a due mai scontato dove gli “affari di cuore” chiedono revisione attenta affinché la partita doppia dell’amore si avvicini il più possibile al pareggio dei conti.

Tutto questo e altro magistralmente espressi in 110 poesie che a volte paiono un singhiozzo mascherato.
Recensione
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