| |
Silloge corposa, Esercizi propone al lettore un lungo viaggio,
penetrando in profondità nel vissuto dell'autrice e mettendone a nudo le
amarezze, le sofferenze e le ferite patite in quel lento quanto inevitabile
dipanarsi che dall'introduttiva "Crisalide" conduce sino alla sezione
conclusiva, significativamente intitolata "L'al di nulla".
Rare sono le pagine di Esercizi nelle quali non si avverte la presenza
ora discreta ora ingombrante del dolore, essendo la silloge inesorabilmente
segnata da eventi tragici quali la perdita delle persone care, dal padre alla
madre, alla quale Anna Maria Guidi dedica una sequenza di liriche struggenti e
intense, come attestano i versi conclusivi di "Nec memoria periatur"; "E mi
torni | irrisolta | net tuo sorriso | quieto: | quel sorriso | sconfitto | che
vinceva | sereno | nella consolazione del perdono | senza mai giudicare".
Su questo scenario "privato" si inserisce un altro dramma, "pubblico",
collettivo, quale quello dell'alluvione che devastò Firenze, e la voce di Anna
Maria Guidi rimane alta, fortemente lirica, sfiorando la cronaca senza alcuna
caduta di tono: "Nella notte di cenere | disperata di stupore | livido | il
suono del Bargello | chiedeva | breve | un'elemosina di speranza | e brandelli |
di cielo povero".
Vi sono alcune immagini delle quail l'autrice si avvale con frequenza, come
quella del fiume, lungo il quale vanno i vecchi a passeggiare; riuscitissimi, in
quanto "veri", risultano i ritratti di Serafino, della Miriana, del Colonnello
D.R. e della Carla, i quali "Pronti mi salutano | chiedendomi di Puccio", il
cane tanto amato e che ricopre, nell'economia della silloge, un ruolo di
primaria importanza.
Un flume che: "Negli argini | se ne sta buono" pigramente scorrendo | senza
lena". | Come me | lui non aspetta niente: | va" e lungo il quale ha luogo
l'alternarsi continuo delle stagioni, con uno spazio leggermente maggiore
accordato alla primavera. "delitto e amore | di fragili colori | che si fanno
profumo | e di voglie aggressive | di rivincita | che corrono rapide | lassù |
con le nuvole di gelsomino | e le rondini nere", alla quale va ad associarsi
l'immagine, velata di nostalgia, dell'infanzia della poetessa.
È comunque la solitudine, a dominare la raccolta: "Covo | questa solitudine |
nel palmo delta mano | tiepida | perché non scopra | ancora | la notte acuta |
spaurita | di gennaio | come una cagna secca | accucciata per la strada".
| |
 |
Recensione |
|