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Ruffilli rima sul cuore
Nella
continuità sostanziale del suo percorso, a dettare il tempo di un nuovo prima
sono venuti libri come La gioia e il lutto o Le stanze del cielo e
ora – appena uscito da Einaudi – ecco Affari di cuore. Paolo Ruffilli è
poeta da libro piuttosto che da raccolta. Sua l'ambizione di trattare un tema,
coglierne la fenomenologia, scavare nei doppifondi di un mistero che resiste
all'interrogazione.
Il titolo è chiaro e indica esattamente ciò che significa, anche se poi la
dinamica di quegli «affari» implica una lettura plurima dei tempi, dei modi, dei
sottintesi, degli incroci, degli equivoci, delle attese, delle paure, delle
ansie, delle prestazioni, delle delusioni, degli incontri, degli abbandoni. Qui
c'è un io-amante-maschile che parla a una lei (di cui veniamo a sapere poco ma
non pochissimo). E c'è quest'io-amante che ama, proclama, recrimina, inscena i
movimenti dell'eros, si muove entro una storia che ha i suoi tempi, le sue
strategie, i suoi apici, le sue diversioni, il suo scacco. A disegnarsi è la
sproporzione dell'incontro, la subdola accoglienza del possesso, la precaria –
effimera – violenza dell'impossibile unità.
Il classico terzetto lui lei l'altro (e magari un'altra)? Intanto non
proprio, perché a essere disarmato è l'io che dice e non la lei di cui si
riferisce. Ma poi, perché è la poesia (ossia ciò che conta) a fare la
differenza. E la poesia passa qui attraverso una guerra feroce, attraverso versi
sincopati, convulsi, spezzati, intrecciati a rime sapientemente semplici, ossia
le più difficili. Una partitura di trama complessa che risponde all'esigenza di
una possibile intercarnbiabilità: «E' qui la soluzione / magari anche imprevista
/ cinica e crudele / fino a farti male,/ nell'ammissione / che la scena possa /
mutare le comparse / e che si dicano / con uguale convinzione / le stesse cose /
a più persone». Un testo esemplare.
05/11/2011
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Recensione |
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