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Pietre
“Al
poeta”. Mine vaganti. Nodi. Senza veli. Silenzio clamoroso. La Fenice lucana.
Facce di bronzo. Petrolio. Odissea a Bucaletto 1980-2017. Salotti express. Il
luogo ideale. Gradasso. Il cane. Contrada Recisa: Aprile 1985. Fuori gioco.
Nastro trasportatore. Precarietà operaia. Coefficiente di Gini. Verso mete
indecise. Attesa in Matera. R55 negativo. Orizzonti nuovi?. Dinastia politica.
Presunzioni. Ignoranza provinciale. Marconia 1961-2017. Germani reali. Papaveri
di cartapesta. Perdenze. Capriole. Domenica ad Erice. Elezionum. Apparenze. Ad
un amico (spento). Motore in folle.
Sono
i capitoletti che compongono l’indice di un pamphlet di poesie titolato
“pietre”, edito da EditricErmes, dell’autore basilisco Giovanni di Lena, con la
nota critica del giornalista Pino Suriano.
Titoli
appellativi che puntano il dito contro l’assalto alla maleducazione, “ignoranza
provinciale” e alle “presunzioni” “senza veli” di quelle “facce di bronzo” di
chi “gradasso” ci governa, ai soprusi di una “dinastia politica”,
all’inquinamento delle lobby del “petrolio” in una terra arida e feconda
dell’antica Enotria, che come “la Fenice lucana” brucia, ma senza parvenza di
rinascita dalle proprie ceneri in quei quartieri dormitorio come l’ “odissea a
Bucaletto 1980-2017” nella città capoluogo di provincia della bella e arida
Basilicata, dove l’autore nasce e vive in quella “contrada Recisa”, vicino
“Marconia” aspettando “Come germani reali” i binari fantasma “attesa in Matera”,
in piena città cultura 2019.
“Il luogo
ideale” è la nuda poesia di denuncia a “perdenze” dove la verità soffoca in
gola, come “nodi” nelle parole non dette di chi subisce in un “silenzio
clamoroso” di quei lavoratori in “precarietà operaia”, a tempo determinato senza
diritti, come macchine su un “nastro trasportatore” per la costruzione di cavi
“R55 negativo” per “motori in folle”, “verso mete indecise”, senza pause e senza
“salotti express”, con la paura di un futuro senza, smarriti come quando “il
cane” spaventato sussulta con la coda in mezzo alle gambe. Una società razzista
in disuguaglianze di reddito, ben tangibili in calcoli matematici solvibili ne
“il coefficiente di Gini”, quando la gente continua a fare “capriole” per vivere
senza “apparenze”.
Trentacinque poesie scagliate come “mine vaganti” agli anni che stiamo vivendo
con un senso di “fuori gioco”; giovani generazioni trattate come “papaveri di
cartapesta”
“orizzonti
nuovi?”, “nuove elezionum”? Forse meglio una “Domenica a Erice”, la città della
scienza, ma anche delle chiese, dedicando una messa “ad un amico spento”.
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Recensione |
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