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...Anche se così non fosse
Bellezza unita a emozioni e stimoli a pensare
La silloge “Anche
se così non fosse”, l’ottava
di Graziella Minotti Beretta, non si discosta dalla precedenti per qualità,
intensità e “charme”.
Tra le composizioni c’è tanta bellezza, accompagnata da emozioni e stimoli a
pensare, riflettere, indagare anche nella realtà del mondo che ci circonda.
Si
dice che la poesia ha in sé la capacità di far scoprire quella scintilla
d’infinito che è dentro ognuno di noi. Cosa che, a onor del vero, si potrebbe
dire anche per altre arti come la pittura, la fotografia, la prosa. Chi può
negare che anch’esse siano capaci di evocare forti emozioni? Del resto lo fa
stessa Graziella ,attraverso i suoi quadri. Ma la differenza sta proprio nella
possibilità, leggendo una poesia, di vedere oltre e “dentro”, fino al cuore di
chi scrive e scrivendo, comunica con gli altri.
La poesia è un modo di “sentire”
la realtà che ci circonda, di viverla e di esprimerla. Cercando di cogliere il
bello e lo stupore delle cose semplici. O, a volte, la consolazione dalla realtà
più triste; oppure lo sdegno che si prova nel vedere i fatti della vita, le
sofferenze che questa provoca, l’ingiustizia e il dolore che porta con se. Segno
evidente di una coscienza sensibile.
Un vecchio proverbio cinese ci ricorda
come “l’’uomo che non conosce la tristezza non ha mai pensieri profondi”.
In questa ottava silloge di Graziella Minotti Beretta si trovano molte di queste
sensazioni. Una poesia forte, e al tempo stesso, tenera; capace di emozionare,
obbligare a riflettere, consentire di sognare; una poesia semplicemente fatta di
parole, suoni, immagini e ritmi molto belli. Un’emozione, un ricordo, un
semplice particolare fanno scattare la molla dell’ispirazione, la voglia di
creare e comunicare le proprie idee, anche quando la parola assume un
significato triste e drammatico.
Spesso, di fronte ad una poesia, chi come me
che di poesie non ne ha mai scritte si trova senza difese, completamente
disarmato. “Da terra a terra, da sponda a sponda. Un solo popolo che annaspa
verso una libertà sfuggente”, ci fa vivere – attraverso “Naufraghi” – la
realtà delle migrazioni in un paese (il nostro) che forse si è scordato che, tra
la fine dell’800 e l’inizio del 900, milioni di italiani lasciarono i loro
luoghi d’origine per raggiungere paesi lontani dove trovare speranze di una vita
migliore che la patria aveva loro negato. In altre poesie c’è la natura,
straordinaria nell’incedere delle stagioni, la forza degli affetti, il legame
del sangue e un profondo amore per la vita.
C’è una bellezza nel linguaggio
poetico di Graziella, nei versi con cui si esprime, di cui quasi s’avvertono “a
pelle” l’eleganza e la profondità. “Non cercate di prendere i poeti perché
vi scapperanno tra le dita”, avvertiva Alda Merini. E aggiungeva che “i
poeti lavorano di notte quando il tempo non urge su di loro, quando tace il
rumore della folla e termina il linciaggio delle ore. I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli dal dolcissimo canto e temono di offendere
Iddio. Ma i poeti, nel loro silenzio fanno ben più rumore di una dorata cupola
di stelle”. Io credo che sia proprio così, e le poesie di Graziella fanno
lo stesso effetto. In fondo anche lei canta il dolore degli esclusi, dando voce
agli ultimi
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Recensione |
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