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Alleluia in sala d’armi – Parata e rispostaAlleluia in sala d’armi – Parata e risposta ha tratto origine dalla collaborazione intercorsa tra Domenico Defelice e Rossano Onano, nell’ambito di una rubrica satirica pubblicata sul mensile “Pomezia-Notizie”. Lo stesso Domenico Defelice è direttore di tale mensile, oltre che organizzatore del Premio Letterario Internazionale “Città di Pomezia”.
Nell’immediatezza dei botta e risposta, dapprima è Rossano Onano a prendere la parola delineando, in passaggi prosastici, le premesse del discorso e del confronto oppositivo, dopodiché è Domenico Defelice a “rendere pan per focaccia” con altrettanta spontaneità e senza filtri, ricorrendo, dal canto suo, a segmenti di-versi. In apertura del lavoro Rossano Onano si rivolge a Domenico Defelice, rivelando quale sia stato il momento decisivo per la sua scelta di congedarsi dalla rubrica di satira insieme condivisa: «Dite quello che volete, ma la foto del Papa che abbraccia un bambino vestito da Papa mi ha fatto malinconia.». Malgrado taluni attriti inevitabili, egli però non si è congedato dalla rivista e ammette che: «il tuo controcanto, a volte consenziente a volte avverso, abbia rappresentato il sale preciso della rubrica.». E Domenico Defelice chiarisce: «Non ho mai trovato insipidi i tuoi interventi, né mai ho voluto bacchettarti. Ho solo aggiunto ironia alla tua e al tuo sarcasmo. A volte sono stato al tema, altre volte ho deviato un po’, un po’ allargandolo. Forse ho trovato i tuoi interventi una felice provocazione.». Dunque, tra i due, il confronto è avvenuto, e senza eccezione, all’interno dei confini del reciproco rispetto e della vicendevole stima. Poiché i libri sono sempre, rispetto alla complessità della vita, una semplificazione, soprattutto per certi argomenti sarebbe stato interessante, e curioso, inserire la presenza di un terzo attore sulla scena, portatore di un punto di vista alternativo, magari ateo o comunque di orientamento decisamente non cattolico, per vivacizzare ulteriormente i toni. Del resto, in “Alleluia della tassa bella”, Domenico Defelice osserva: «Il mio dal tuo pensier non è lontano.». In queste pagine c’è spazio per argomenti e sottoargomenti divenuti “classici moderni” (come i riferimenti al facile bersaglio Berlusconi) e altri meno consueti. Talvolta alcune generalizzazioni riescono a controbilanciare un’accusa troppo mirata, come ad esempio il ricordare che tutti i partiti hanno delle responsabilità in rapporto al malessere che siamo costretti a vivere e a sopportare in questa società. Talaltra avviene l’esatto contrario, per non fare di tutta l’erba un sol fascio, indicando, nella generalità del discorso, un nome preciso di persona in carne e ossa. Gli autori, coerenti con il loro pensiero, danno esempio di come si possa non avere peli sulla lingua, propugnando e ricercando una presunta onestà della parola. A tal proposito Domenico Defelice ha scritto: «Tartufata divenne anche la lingua: / cieco non si può dir, ma non vedente; / la donna di bordello è solo escort; / il sordo, non è sordo, è non udente… / Non muta la sostanza ed è civile / se di tartufo odora anche il … porcile!». |
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