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Alessia e Mirta
L’autore
La conferma di quanto sopra esposto ci viene dallo stesso Piazza che utilizza, in più occasioni, il termine fabula, giustapponendolo a quello di favola, quasi come una dichiarazione di intenti: la rappresentazione cronologica degli episodi -già preordinata nella mente dell’autore appunto come un canovaccio, una sequenza “drammatica” - si manifesta attraverso una poesia in grado di generare un’atmosfera sospesa fra il sogno (la favola) e la realtà.
Alessia e Mirta Il tema principale è introdotto dalla figura di Alessia, creatura primaverile (a tratti equorea a tratti celeste) che ha appena varcato la soglia dell’adolescenza: è l’amore, atteso e sperato, spirituale e carnale, che la ragazza riversa sulla figura di Giovanni e che è intrinsecamente legato ai temi dell’aspettativa, della leggerezza e della gioia improvvisa -da cogliere prima che svanisca- ma anche della preoccupazione per la possibile rottura dell’equilibrio dell’idillio amoroso. A questo motivo bene si intreccia l’altro tema, quello della perdita, della morte, legato al personaggio più maturo di Mirta, Musa comparsa nel fondale di una via/deserta pari a una dea/terrena, lei così bruna (p. 20) il cui peso, seppure contenuto in un numero minore di poesie, si staglia come un monumento nella raccolta con la lucida tragicità del suo suicidio. La figura di Mirta è l’altra anima del libro e la sua presenza è del tutto peculiare perché è un’ombra rievocata nel ricordo e, storia incastonata nella storia, va a rompere la narrazione in terza persona della fabula (quest’ultima intesa come successione logico-temporale della vicenda di Alessia e di Giovanni) coinvolgendo direttamente la figura del poeta che la ricorda in prima persona. La contrapposizione fra le due donne risulta evidente ed emblematica: se infatti Alessia rappresenta, con la sua esuberante vitalità, l’essere nella sua fase di crescita e di autorealizzazione, Mirta all’opposto occupa la parte discendente della curva, quella che presto, prematuramente, la porterà a divenire una presenza incorporea che vive esclusivamente nella memoria delle persone che l’hanno conosciuta.
La resa espressiva Dal punto di vista stilistico si può rimarcare che, per la raccolta di poesie qui esaminata, Raffaele Piazza utilizza il verso libero, sciolto da rime. L’attenzione tuttavia può essere focalizzata sull’impiego costante di parole nuove, ricreate dalla fusione di due o più termini anche semanticamente differenti, richiamanti nella maggior parte dei casi tonalità di colori e impressioni visive: ci imbattiamo dunque in neologismi immaginifici come “tintadifragola”, “finestravisore”, “nerovestito”, “lucevestita” e addirittura leggiamo “lucelunavestita” e “rosatramonto”. Da sottolineare, in aggiunta, l’iterazione frequente di due parole germinate dalla sensibilità del poeta quali l’aggettivo “fiorevole” e il verbo “interanimarsi”. Il succedersi di termini di tal fatta -che potremmo a ragione definire “invenzioni lessicali- contribuisce a creare quell’atmosfera rarefatta e fiabesca che aleggia intorno alle vicende di Alessia, in particolar modo, ma anche della stessa Mirta. Nonostante ciò, come a riequilibrare l’alone mitico e onirico che si viene a creare, il Piazza fornisce sovente l’indicazione di tempi e luoghi precisi: il Parco Virgiliano, Napoli, Posillipo, Castel dell’Ovo, San Lorenzello, Ischia (per citarne alcuni), persino la New York del post attentato alle Torri Gemelle, ormai presenti soltanto nel ricordo di Alessia.
Conclusioni |
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