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Le verità nascoste
Dopo aver raccolto l'anno scorso, in un ampio ed eccellente volume, un ventennio e più d'attività poetica,Wilma Mi notti Cerini fa lo stesso con la
propria produzione narrativa recente: diciotto racconti scritti e sviluppati in
modo semplice e lineare, eleganti e limpidissimi, convergenti in una complessiva
esplorazione dell'umanità messa alla prova in situazioni di dolore, difficoltà,
disagio. Non c'è alcuna dietrologia, alcun senso nascosto o recondito,alcuna provocazione né moralismo: il suo è soltanto uno
sguardo,
commosso e compassionevole ma nel contempo lucido, su alcuni passaggi
dell'esistenza, tipici e non particolarmente straordinari, proposti come
momenti esemplari nel quale è naturale attingere, se le si possiede, alle
nostre migliori caratteristiche di esseri umani.
Ecco quindi la novantenne
ricoverata "in attesa del vento,quello che abbatte un albero vuoto", che dal
suo letto ripercorre la propria vita confidandosi con l'infermiere che vorrebbe
indurla ad una improbabile riabilitazione; ecco un'anziana abbandonata dal
figlio in un reparto geriatrico, una ragazza in stato di coma vegetativo, una
docente di musica colpita da un malore invalidante, una giova ne suicida per
amore che ha un ripensamento tardivo,una donna clochard
che vive e muore nell'indifferenza, una riunione di parenti dal notaio per una
eredità che, a causa del loro cinismo verso il congiunto, non riceveranno.
O
ancora un cieco che piange per il suo cane, un amico che si spegne in un
letto d'ospedale,un anziano soldato che ripensa alla propria lontana esperienza
bellica, un alcolizzato senza casa, un ragazzo con un ritardo mentale che
salva la vita a un bambino, un giovane medico che ottiene un posto in cardiologia, un'antica lettera che rievoca una vicenda di mondine, un padre di
famiglia che si rivela essere un turista sessuale, l'incontro di un viaggiatore
con un santone indiano, uno zio cui la nipote ancora adolescente confida di
volersi sposare, infine – l'unico, per ispirazione e forma, differente dagli
altri – un dialogo tra il legno della croce di Cristo e il chiodo che ne
trafisse le carni. Sono racconti brevi o brevissimi ma di misura ed
equilibrio perfetti, senza una parola di troppo né una di meno, compiuti
nella loro essenzialità, densi di pacate riflessioni che non puntano il dito
contro niente e nessuno, neppure contro l'indifferenza della società odierna,
ma si propongono di portare un piccolo contributo alla riflessione su
quanto spesso, in genere senza neppure accorgercene, ci troviamo circondati
da situazioni di sofferenza.
Ricche di osservazioni e implicazioni psicologiche
sottili,spesso toccanti e in grado di toccare le corde dell'emozione, queste
storie possiedono – come suggerito all'inizio – un carattere di universalità,
portando in scena situazioni non infrequenti; al tempo stesso, alcuni possono
derivare da esperienze realmente vissute dall'autrice o delle quali è venuta a
conoscenza. Ma la validità di uno scrittore è anche nel modo in cui riesce a intrecciare biografismo e immaginazione e in questo libro il
dosaggio appare davvero perfetto,senza eccedere nell'uno o nell'altra. Per
questa luminosa saggezza, e profondità d'animo, i racconti di Wilma Minotti
Cerini meritano di essere conosciuti e apprezzati, appello gentile alla
riscoperta di quanto ci rende umani.
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Recensione |
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