Servizi
Contatti

Eventi


Natura morta

Non credo nel Caso. In linea con Paolo Ruffilli che nella sua ultima silloge Natura morta, all’ultima sezione Appunti per una ipotesi di poetica sottolinea in più punti: “Niente mai accade per caso… Eppure il caso non esiste: tutto è risultanza di una combinazione, si ricompone un ordine anche nel disordine più appariscente”.

Per me, infatti, è importante la scelta – da architetto/lettore –, che appunto erroneamente potrebbe apparire casuale perché istintiva, dello spazio e del luogo nel quale avvicinarsi ad un testo.

Soprattutto se preme, se merita. L’attenzione interiore e inconscia si attiva e ha cura di non sprecare nulla di ciò che sembra importante. Il tempo dell’Io vigila, invece, anche sapendo aspettare, sul momento di quando quella lettura debba avvenire, il più idoneo per il libro e per me. Meglio così lo si può inserire, respirare.

Questa volta le poesie di Paolo Ruffilli le ho cantate. Sono stata da loro trascinata, dalla leggerezza delle parole fatte note, è venuto spontaneo. Le ho sussurrate fra me con impercettibile voce fra il dentro e il fuori, sul limite che li unisce e li confonde. Pagina dopo pagina, senza pause, è diventata un’opera lirica, per la duplice essenza da lei derivante, di musicalità e sentimento poetico. E, come era avvenuto per Affari di cuore (silloge di poesie erotiche, in realtà cominciato a letto… e dove altrimenti!) devo leggere questo autore fra la gente, fra la moltitudine di persone che fanno cose normali, vivono.

Da ingorda – che va subito a vedere come finisce – ma per quella circolarità che viene sottolineata anche in queste pagine, istintivamente avevo cominciato dal fondo. Mi interessavano molto quegli Appunti per una ipotesi di poetica. Mi era parso che, poi, li avrei potuti facilmente ricollegare all’inizio della lettura delle poesie. Tornare da capo spinta dalla fine. Forse mi ripeto, – mi ero già espressa in questo senso per Affari di cuore – perché nella poesia una vera rarità: le liriche di Ruffilli hanno il potere di attraversare dalla mente al cuore, dal corpo all’anima. Coinvolgono.

Con l’aiuto e la complicità del suono e della sua melodia ai quali mai rinuncia “soffiare musicalmente dentro le parole senza più smettere”, l’autore coniuga in perfetta armonia ragione (cultura e studio) e istinto (emozione e sentimento). Lo chiama stato ritmico del pensiero.

In un argomento complesso, come quello filosofico che affronta in Natura morta, i versi scorrono e si rincorrono nel letto puro del fiume della poesia, quella vera. In un percorso in basso, cercare l’infinito nel piccolo, in mezzo a noi e non distante dove la mente e il cuore si potrebbero perdere, smarrire la strada. Sentire il poeta accanto vicino, individuando lì stesso il sublime. Riconoscere nel mondo empirico quello metafisico.

Poi, certo, se gli argomenti che tratta, e ai quali è particolarmente affezionato, sono gli stessi di chi legge, questo sfiorarsi, questa sintonia, diventa profonda comunione. Eppure Ruffilli dichiara di non interessarsi, quando scrive, a chi vadano le sue parole. Né tanto meno gli importa “aderire a canoni più o meno vincenti… mode destinate a dissolversi nel prosieguo”. Sicuro, capisco il suo punto di vista, diversamente sarebbe piaggeria, o “piacioneria”!

Esprimersi, essere se stessi senza infingimenti e altri fini, è unica prerogativa della scrittura per moltiplicarsi nella comunicazione. Perché l’autenticità non è silente, la si avverte, entra dai pori dell’emozione.

Nel suo personalissimo percorso il poeta ha catturato il lettore che si interroga sui medesimi misteri, si nutre degli stessi dubbi e della stessa ricerca. Ha intercettato l’Altro, l’Incontro è avvenuto. Un piccolo miracolo! Quanto più si ripete tanto più quella poesia diventa universale.

Lì, ogni volta, all’appuntamento con la parola di Ruffilli, personalmente ci sono, mi ri-trovo, mi ri-conosco e sento la piacevole sensazione di essere a casa. Non si può non amare la propria casa, i propri spazi composti da pieni e da vuoti, reali e immaginari.

Ecco, altri temi ampiamente trattati in Natura morta: la stanza, la casa, il rapporto fra niente e tutto, fra vuoto e pieno, del resto così cari ad un architetto. Forse motivo per il quale l’autore con un certo stupore constata che molti architetti si interessano alla sua poesia, tanto attratti da farne vera e propria opportunità di studio.

Per chi è abituato a riempire materialmente gli spazi, il vuoto è lo stimolo che fa mettere in cammino. Il vuoto è mancanza ma anche possibilità. È il vuoto a disegnare il pieno, è lui a dare al pieno il suo significato, ne diventa l’aldilà.

Per il nostro autore solo alcuni dei tanti rimandi: “del tutto | che è conficcato | dentro al niente …

Che fa da stampo | e impronta | dell’inessente | a ogni essere | pieno e consistente … del più solido niente | riconsegnando subito | contorni forma | e consistenza | all’essere esistente”.

Il tutto vuoto avvolge e seduce che avresti solo voglia di cantare, come in realtà è successo a me, pur se sommessamente. Perché, come dice il Celano parlando di Francesco d'Assisi, che intonava melodie a voce spiegata anche di sola musica senza parole“...la forma di espressione, il canto, unica può tradurre e diffondere i muti messaggi che salgono dalle cose” … e dalle anime.

Si capisce meglio, ora, come non si possa che aderire a queste liriche.

Natura morta si presenta, qui sulla scrivania, alla mia sinistra mentre scrivo, quasi completamente aperto. Letto e riletto, usato. Schiuse le pagine per averle riempite di orecchiette, a volte anche doppie sopra e sotto. Non sottolineo mai sulle poesie, mi sembrerebbe di profanarle. Lo faccio invece per la prosa, con commenti a lato e punti esclamativi… chissà perché!?

Così appare infatti Appunti per una ipotesi di poetica, scritti da Ruffilli con l’attenzione e la riflessione del cultore delle lettere e allo stesso tempo illuminanti per la loro chiarezza. Un piccolo sintetico ma consistente e utile manuale, rivolto a tutti gli interessati all’espressione poetica.

Natura morta non è da riporre nello scaffale. Lo lascerò sul comodino per poterne riassaporare, quando ne sentirò il bisogno, alcuni temi, alcune sensazioni e averli come compagni nel viatico notturno, prima di abbandonarmi al sonno e ai sogni.

Nulla finisce… si ricomincia da capo, non diversi ma in mutamento.

5 gennaio 2013

Recensione
Literary © 1997-2023 - Issn 1971-9175 - Libraria Padovana Editrice - P.I. IT02493400283 - Privacy - Cookie - Gerenza