| |
Bonsai
Il
bonsai non è una pianta nana, ma una pianta in miniatura, un albero visto con un
cannocchiale rovesciato; è il piccolo che allude al grande e lo condensa. Così
la raccolta di versi di Lucio Zinna condensa, in un libro di non grande volume, le molte sfaccettature della sua
ricca poetica. Poetica già nota a chi segue l’attività di Lucio Zinna,
infaticabile ma non frenetica (ha il passo del montanaro, il poeta di Palermo),
e che ad ogni nuova creatura poetica si ripropone con mezzi espressivi sempre
più incisivi e fermi.
Avendo raggiunto ormai la
chiarezza che succede ad una lunga ricerca, e la serenità che ne deriva, Lucio
Zinna potrebbe, oggi, sedere all’ombra di un palmizio, come quei gattopardi che
ancora vivono nella sua Palermo, e tacere. Se parla, se scrive, è perché è
ancora vivo, in lui, il gusto di comunicare: un atto di amore, in fondo, verso
quel prossimo per il quale lui (pur nella lucida consapevolezza di tanti graffi
subiti, di tante piccole viltà registrate) può provare «distanza, lontananza
mai».
L’ironia è la misura di
questa distanza, un’ironia che si appunta sui «filosofi cantinieri», sul
poeta affetto dal complesso di Salieri, sui «pauperes spiritu, cui | è
riservato il regno dei cieli, (talora | quello della terra quale anticipo)»;
sul moderno Mida, che trasforma l’oro in stagno; ed è un’ironia che lascia
il segno, ma non vuole colpire a morte. Perché è l’ironia di chi ha molto
compreso, forse anche molto perdonato; che ha imparato a vedere, della catena,
non solo l’anello che non tiene, ma anche quello che resiste: quel lume che non
si è spento; quella presenza arcana nella buia chiesa di una metropoli del Sud;
il volto di Teresa di Lisieux: immagini registrate con grande, commossa
sensibilità; con l’occhio di chi ha ormai imparato a guardare più in alto, dove
c’è più luce.
| |
 |
Recensione |
|