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Navicello Etrusco
La recensione di un musicista
Mi
sono imbarcato sul suo Navicello Etrusco di Roberto Mosi e, grazie a lui, ho
potuto vivere un’esperienza unica visitando luoghi a me sconosciuti e ascoltare
“la musica delle sue storie”. Ecco le mie impressioni. Un libro che racchiude
una moltitudine di riferimenti all’arte etrusca ed ai miti che popolano le
raffinate liriche ospitate nel singolare testo; canti attraverso i quali il
poeta ci consente di condividere il suo viaggio nell’antica Etruria a bordo del
proprio Navicello che, sospinto dalla brezza marina, percorre la tratta di mare
tra Populonia ed il promontorio di Piombino, dal Golfo di Baratti all’isola
d’Elba e Follonica. Il poeta si fa archeologo ed avventuriero riuscendo a
rinvenire sotto manti polverosi di luccicante pirite, anfore ed altri tesori
etruschi. Ad ogni tappa del Navicello una nuova storia, un nuovo incontro, una
nuova scoperta, a volte tangibile, a volte intangibile. Storie di genti lontane
con i loro mestieri dai quali emergono resti affascinanti che lasciano
intravedere l’erudita civiltà. Ma come ogni popolo, anche quello etrusco vanta i
suoi miti e non manca occasione al nostro “marinaio” di imbattersi in tali
divinità. Fra esse spicca Turan, la dea dell’amore, erede del mondo antico,
divinità della terra e della fecondità. Ma ad ogni attracco del Navicello, ad
accogliere lo sbarco del nostro poeta c’è la musica etrusca. Molto amata da
questa civiltà, essa accompagnava qualsiasi attività delle loro giornate. Suoni,
danze e canti ispirati dai suoni suggeriti dalla natura come il mormorio del
bosco, il fragore del mare, lo scorrere del torrente, lo zampillare della
sorgente, suoni riprodotti con l’aulos, il più celebre strumento a fiato simile
al flauto e simbolo della cultura musicale etrusca, sovente accompagnato da
crotali, tympanun e lira.
Ma
il Navicello ora cambia la sua rotta facendo vela verso i tempi odierni e allora
ecco emergere i ricordi di una Populonia barbaricamente distrutta e saccheggiata
i cui soli baluardi a testimoniare la gloria del passato. Scene
agghiaccianti di resti di tombe mostrano inoltre l’aspetto crudele di un popolo,
segni impressi su un corpo trafitto da chiodi ricurvi per fissare saldamente al
suolo carne e spirito di chi si pensava fosse stata una strega. Le vele gonfiate
da Zefiro inducono il Navicello a proseguire il suo viaggio; riconosce il poeta
il volto dell’Imperatore all’Elba esiliato, poi il terrore per le flotte di
aerei che come falchi nemici, senza scrupolo sorvolano il mare. Anche i
fumi delle ciminiere più non disegnano in cielo i profili di plumbee nubi mutati
dal vento. Miglia dopo miglia il Navicello prosegue il suo viaggio ed i ricordi
più vicini e lontani lasciano ora al poeta un futuro di speranza. Egli ammira
con lo sguardo del passato ciò che è rimasto nel presente e allora, perché non
ripartire tuffandosi attraverso le vie del mito ai tempi delle origini?
Ma
in questo viaggio di ritorno nel passato il poeta incontra i migranti del nostro
tempo in cerca di una terra generosa di ospitarli - non poche le insidie del
mare che sovente pretende quei corpi. Il “capitano” del Navicello or prega per
loro rivolgendosi alla Madre Vergine, madre anche di tutti quei figli dispersi
con tragica fine sperando di intraprendere una rotta sulla via della solidarietà
e della pace. Sparita anche la musica che allietava lo spirito e che forse or
risuona come ricordo nel cuore del poeta, migrato verso lidi lontani dove regna
la pace.
Umberto Zanarelli
(Pianista, interprete di livello
internazionale, la poliedrica figura di Umberto Zanarelli non abbraccia soltanto
la musica ma anche la poesia, la letteratura e la composizione)
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Recensione |
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