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Camera oscura
La foto si pone come un black-out rispetto alla nostra misurazione del tempo.
Peggio, essa costituisce una sfasatura rispetto a quel tessuto di convenzioni
dentro le quali il tempo semplicemente vissuto viene poi razionalizzato, reso
"esplicito", affidato a una macchina che lo misura. La foto disturba e mette in
stato di choc il modo stesso che noi abbiamo di percepire il tempo, quello che
consideriamo il flusso degli eventi naturali. Ora proprio questo spiazzamento
all'interno del nostro modo di sentire il tempo è il movimento che si pone in
questi testi di Ruffilli, in Camera oscura, tra la trascrizione
dell'istantanea e il diffondersi del commento.
Abbiamo nella foto, da una parte, un tempo di tipo assolutamente puntiforme e,
dall'altra, un tempo più "diffuso", alonato e armonizzato nella circolarità in
cui si colgono tutti e tre i momenti, passato, presente e futuro. Lo scontro di
questi due tempi, sulla pagina, crea il paradosso dell'attimo: sia nella
direzione della presenza che si nega nel suo porsi, quale annichilimento in cui
l'attimo nel suo stesso apparire già si distrugge, sia anche nella direzione del
"punto perenne", una specie di falsa eternità dell'attimo allo stato puro.
La bravura di Ruffilli sta nel non chiudere il circuito; nel lasciare aperte,
appunto, le due direzioni di cui si diceva. Con l'effetto di uno spaesamento,
tra perplessità e sconcerto, che è pur sempre il quoziente massimo della poesia.
In queste pagine la parola, da una parte ridotta a mimesi dell'afasia,
dall'altra è tesa a ripristinare le proprie ragioni, anzi "una" ragione, e a
cogliere il mondo e i rapporti interumani. E c'è una presenza continuamente
ripullulante di "essenze" (mentali e spaziali, cromatiche e foniche) in un
collage corrosivo con "fatti", "cose" e "persone". Si genera da ciò un'energia
coinvolgente dentro questa ricognizione di gesti, atteggiamenti, pensieri
dell'io e delle molte presenze individuali, sempre marcate affettivamente, che
lo attorniano. L'altro diventa presente nei molti altri, si riassume come fatto
di etica, un'etica perplessa eppure "instante", e alla fine implacabile.
Sommessa parsimonia e severità presiedono all'operazione. Ne deriva un tessuto
espressivo che sceglie la linea "bassa", ma che è fratto e sospeso e ben altro
che assestato all'univocità, ricco di una sua del tutto originale tensione
immaginifica.
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Recensione |
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