Servizi
Contatti

Eventi


Credo che c'è in questi ultimi anni un diffuso bisogno di poesia. Forse la corsa frenetica verso qualcosa che non si sa neppure quale, forse la routine del vivere quotidiano porta tantissimi a rifugiarsi nell'angolo della propria esistenza e cercare di trovare quella dimensione umana che sta sfuggendo. Lo scrivere diventa pertanto uno specchio di se stessi e così nascono i poeti. L'incontro con un poeta ti arricchisce e quando ti trovi di fronte ad una persona sensibile, acuto osservatore della vita, ne cogli le sfumature, ne apprezzi o ne critichi il suo lavoro. Il poeta è una fonte di pensieri spontanei, che sono liberazione dell'animo, che sono anche interpretazioni dei sentimenti degli altri, che sono, molto spesso identificazione di problemi esistenziali di ciascuno di noi. Giovanni Di Lena è nato a Pisticci dove risiede felicemente sposato con Rosa Viggiani; lavora presso un'azienda metalmeccanica. Da studente ha frequentato la scuola professionale e scopre la poesia nel leggere i versi leopardiani de "L'infinito". Ne rimane affascinato. Ha soli 18 anni. Dal poeta Giacomo Leopardi, di cui quest'anno ricorre il bicentenario della nascita, non ha preso il pessimismo, tutt'altro, si considera ottimista. E' in armonia con se stesso. E' bastata l'intensità lirica del "Tanto caro mi fu quest'ermo colle..." a fargli maturare una profonda meditazione e senso poetico. Durante il servizio di leva compone; sono lavori personali, sente, cioè, il bisogno di dire qualcosa a se stesso sino a quando il senso lirico, di cui ormai è pervaso, lo convince che bisogna aprirsi agli altri.

Degli altri ha grande rispetto ma non lo soddisfano gli argomenti futili, inutili che spesso si trova ad affrontare; per Di Lena una partita di calcio va collocata e discussa nei giusti tempi , dopo diventa una cosa passata di cui non vale più la pena parlarne. Vuole trovare negli altri il dialogo continuo, costruttivo e parlare di progetti di vita. Cerca scambi di opinioni. Quando gli manca l'interlocutore giusto, che lo arrichisca, stende in prosa i pensieri, scrive versi e lancia messaggi al potenziale lettore, lasciando quasi un'alone ermetico nel suo dire e aspetta di dialogare con essi. Si sente morire dentro se non dice quello che sente, che pensa; e quello che sente e pensa lo vuoi dire ad una cerchia sempre più ampia di persone.

Di Lena ti prende con e per il suo modo naturale di essere, calmo, serafico; ti coinvolge nel suo mondo fatto di riflessione, di acutezza argomentativa. La sua poesia è breve, a volte ungarettiana, ermetica, epigrammatica, spesso ricca di metafore quando si apre al confronto con l'altro, quando sente il bisogno dell'interlocutore, di colui che deve interpretare il messaggio e aprire la discussione.

Nell'89 è in libreria con la prima raccolta Un giorno di libertà con la prefazione di Daniele Giancane. E' la pubblicazione che lo libera dal conflitto interiore: rendere o non rendere pubblico i suoi pensieri. "Quando si è soli con se stessi – dice – non si ha la dimensione dell'altro". Non vuole nascondersi dietro un dito e non dire le cose che sente. Con questa raccolta lancia un messaggio forte: si schiera dalla "parte degli emarginati, di coloro che muoiono nell'indifferenza generale o che vivono ai confini della disperazione (soprattutto i giovani)"; e "contro coloro che "mangiano con quattro mani, mentre il povero Cafone muore di fame". Il suo senso di ribellione viene fuori, con tutta l'intensità, con il dire che "Il mio mestiere | non è altro | che arrabbiarmi con l'umanità" e questa rabbia lo porta a lanciare "L'ultimo grido" :

"Non m'importa piu niente!
Nulla, non voglio più leggere nè scrivere,
solo questo cuore sa la mia pena.
Ahimè neanche l'amore riesce a distendermi
tanta la rabbia che ho accumulato;
ormai non c'è più niente
che può dare adito a questo cuore fremente.
Tranquillità: vieni a cercarmi! "

Le composizioni in questa raccolta sono "fiumi di parole", un agglomerato ordinato di pensieri che il Nostro divide in tre sezioni: "Il sapore della Terra; Certi momenti; Con rabbia e con passione". La dedica è alla Cecco Angiolieri dei nostri giorni. Esprime sentimenti profondi di alto coinvolgimento. Il suo linguaggio discorsivo e semplice, diviene ficcante, altamente penetrante tanto da scuoterti e da portarti all'essere presente delle cose.

Nella seconda pubblicazione Non si schiara il cielo la cui prefazione è di Rosa Maria Fusco, il messaggio e la rabbia sono più affievoliti ma non manca, anche in questa, quella penetrazione spontanea che tende a scuotere il sociale.

Oggi con Il morso della ragione è alla terza pubblicazione e tra questa e la seconda sono passati solo due anni; ha voluto avvicinare i tempi tra le due perchè sente forte il bisogno di stare con gli altri per trovare la franchezza, la schiettezza ma soprattutto la comunicazione. Il suo desiderio è che gli altri siano sempre se stessi.

E' la voce della nostra terra ma è anche la voce di una generazione che, come egli dice- "ha avuto tanto ma che ancora non ha dato niente". Tiene saldo il concetto della ragione, la quale per metterla in discussione va "morsa" per conferirle sempre nuova vita. La poesia ha senso politico quando assume il tono della protesta del contesto territoriale, nazionale; è affettuosa quando parla dei suoi cari, degli amici. Egli sostiene che in questi ultimi anni si sta perdendo il contatto umano e i valori umani.

Il morso della ragione, Edizioni Ermes, ha una dedica particolare : "Ad Aldo Moro e a quanti lottano da soli" e a p. 13 la poesia "Ad Aldo Moro" recita:

"Le tue ceneri
si disperderanno
negli anfratti dell'incoscienza
con meschinità
affossate
dai mercanti della storia.

E' la figura di cui ha grande ammirazione: E' stato l'uomo che ha incarnato il senso vero e profondo della libertà i cui frutti vengono raccolti dai nuovi politici. Oggi per il Nostro mancano uomini di valore, quegli uomini che richiamano l'attenzione della gente per l'operosità, per l'ingegno. I grandi uomini vengono soppressi – dice – e sul fatto che la società viene privata di uomini guida, costruisce la sua poesia che prima è prosa e poi assume il giusto tono che si confà ad una lirica espressiva. Molte poesie sono significative, nella forma e nei contenuti, vi è un'autentica vena lirica che l'autore possiede.

Le poesie, in numero di 41, raccolte in Il morso della ragione la cui prefazione è di Antonio Lotierzo, non seguono un tema specifico ma sono comunque sensazioni che ha percepito in momenti e situazioni diverse. Di Lena vive i momenti confusionari di una società che non offre garanzie di lavoro, di giustizia, ne è quasi frustrato tanto da evidenziarlo nella lirica "Dentro di me": (p.14)

"Dentro di me
porto della mia storia i lividi
della mia ragione gli spasmi
della mia libertà il desiderio.

Non seguire l'andazzo
è stato il mio sbaglio
o – forse – il mio orgoglio".

Nella poesia "Bla Bla Bla" (p.24) il suo occhio critico è rivolto ai comizi che vengono fatti dai "giullari di turno" e ne registra un blaterare soltanto. I contenuti li definisce canzoni di parte "cantate nella piazza piena di vento" ; sono solo promesse e quindi parole che si perdono al vento.

E' fatalista in "Terra mia" (p.27) dove le sue ansie sono" ingoiate in un buco nel cuore" ed è convinto che "morirà di solitudine".

Ne "Il mio limite" (pag.29) si sente impotente:

"Uomini senza volto
raccattano clienti sprovveduti
per vendere merce truccata.

Il muro che non posso varcare
per combattere questo regno tarlato
è il mio limite.

Nella lirica: "Via Taranto n.2" (p.32) vuole essere illuminato nello scegliere la strada giusta da percorrere:

"Nasce il giorno
col profumo silenzioso
del pane appena sfornato
Non so
Signore
qual è la mia strada."

O si muove desideroso sulla "Riva" (p.50) "cercando la verità fra conchiglie e pesci morti" mentre nel "Mare Nostrum" degli uomini, si "bagna d'ipocrisia" (p. 51)

Di Lena non trascura, con il suo osservare poetico i "Calanchi" (p. 20) della sua terra natia che li definisce "Silenziose anime | concatenate tra di loro | in uno spazio allucinante, | si vestono di arsura nel procedere delle stagioni" e la loro nudità, spesso veste la sufficienza degli uomini".

Non mancano le considerazioni critiche e pesanti circa l'insediamento dell'industria a "Metti" (p. 22) dove "Garanti del potere | speculano | sulla fame". Nella raccolta vi è anche una poesia dedicata al poeta Rocco Scotellaro:"Tricarico" (p.18).

"Calpesto i tuoi passi.
Fra la tua gente
sbircio l'ombra
del tuo ricordo.
Sobrio
m'illudo
d'averti accanto".

Per Di Lena "La nostra storia" (p. 23) è

"ilare
gioco con un' epoca
trafitta dalla falsità degli uomini".

Intenso e suggestivo è il quadro poetico e familiare che ci dà della "Povertà" (p. 34)

"Mia madre si dispera
a centellinare l'olio
a raccogliere briciole
a rattoppare calzoni.
Mio padre la osserva teneramente.
Appena dopo
scopro che piange".

Non poteva mancare in questa raccolta una poesia dedicata agli "Amici",(pag.17) in particolare ad Angelo. C'è in Di Lena una constatazione evidente che tutto quello che ruota intorno a lui è privo di valori, è pressappochismo diffuso; c'è ipocrisia, c'è falsità :

"Siamo rimasti in pochi
ad essere veri.

Siamo rimasti in pochi
ad essere noi stessi!

Siamo rimasti in pochi
ad assaporare la fetta del pane
riscaldata al focolare.

Siamo rimasti in pochi
ad essere ancora veri".

Di Lena trova nella pagina lo strumento per esprimere tutto il suo mondo interiore fatto di interrogativi, di riflessioni e considerazioni sui problemi esistenziali, non perde il contatto con la realtà. Si è affrettato a pubblicare per evitare che la patina del tempo potesse offuscare la sua produzione.

Il morso della ragione è per il Nostro una esigenza di vita che porta l'individuo a confrontarsi, a riflettere e a cercare di dare il giusto equilibrio all'attività della vita umana che deve essere improntata alla trasparenza, alla esaltazione dei valori e al rispetto totale dell'uomo. Con questa ultima raccolta ha scavato ancor di più nel suo intimo per presentarci elementi su cui discutere ed aprire il confronto. Questo era nel suo intento quando ha dato vita a Il Morso della ragione (p.12) che è anche la poesia che dà il titolo alla raccolta:

"Verso una più intima
dimensione
l'anima mia tende.
Resisterà il cuore
al morso della ragione?

Recensione
Literary © 1997-2023 - Issn 1971-9175 - Libraria Padovana Editrice - P.I. IT02493400283 - Privacy - Cookie - Gerenza