Tutto in
un titolo: il principio e la fine di un lungo discorso in versi svolto da Pietro
Nigro, professore di lingua inglese nei licei e già presente nella “Storia della
letteratura italiana. Il secondo Novecento”, opera editoriale del 1998 della
stessa Casa Editrice di questa silloge.
Nell’alfa il bisogno di dipanare
l’ispirazione nata nel tempo delle memorie e di conseguenza esternarla fino
all’omega, un inizio poetico per dirla alla maniera greca fino al compimento di
esso. Da questa condizione l’autore si ritrova in tempo statico, osserva
e si osserva per dare nuovi volti e nuove forme al suo bagaglio immaginativo e
va oltre il suo passato. Non ho più nitidi agli occhi i tratti sempre più
sfumanti in nebbie di ricordi. Forse eri tu che perplesso mi fissasti, o forse
fu il mio sguardo che t’attrasse. Che fine fanno i momenti vissuti!
Ecco che
si fa forte la presenza dell’omega, si avverte la scadenza delle cose nelle
sottili constatazioni che l’autore compie mentre scrive, mentre si avvia
all’epilogo della sua stessa silloge. Pietro Nigro fa sussistere
contemporaneamente la contraddittoria coppia delle lettere greche in ciò che
verifica comprende che il gioco della passione non è facile: Ma non vi
è merito a seguirne la naturale tendenza frutto scontato dell’albero proibito.
Riconosce benignamente che il fiume parte e termina nel mare, per dire,
allegoricamente, che percorrere l’istintiva strada della vita fino alla morte è
già scontato, già stato fatto e così continua.
Il vero merito sta nello
sconvolgere tale cammino per creare ramificazioni non necessariamente dirette
fino al mare, cioè in ogni dove oltre gli artefici mentali ( … ) e t’inventi
un dramma cinico autore che muove i fili del tuo teatro perverso. Ma dove il
sonno vanifica la realtà i sogni non bastano inganni pietosi e fedeli del tuo
volere esistere ad ogni costo. La sua raccolta è vero ha raggiunto l’omega,
ma l’autore ha sconvolto questa limitazione che, ovunque tenta di far cessare
ogni cosa, anche il domani dell’uomo.
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