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Iterando in modo insistito e quasi ebbro il termini “luce” e quelli che fanno parte della medesima area semantica, sovente tutti convocati nello spazio del testo, come in Presenza o in Segundo sueňo, così che esso sembri esplodere in una surreale dilatazione luminosa, Mirella Genovese comanda alla mano che scrive di raccontare l’ardua dicibilità dei desideri dell’anima.
Come un’icona sacra, dalla cui descrizione il libro ha inizio, “l’alluce ancora aderisce al globo in bilico”, ma i sensi, la vista e l’udito in particolare, sono ben desti sulle cose del mondo. E’ casomai lo slancio del cuore che li trasforma in annunciatori di altro, in vie di accesso a l’Invisibile. Risolvendo in senso religioso l’Infinito leopardiano, che mi sembra il modello profano più imponente, la Genovese affronta separatamente l’idea del tempo e dello spazio, imbattendosi in infinità non matematiche o filosofiche, ma squisitamente divine. Il vento che in Leopardi era la voce che dalla riflessione matematico-contemplativa dello spazio conduceva il pensiero alla Storia dell’uomo, qui diventa la voce dello Spirito santo, come già in molti passi biblici. Il soffio che fa ogni cosa nuova. La tensione spirituale si concretizza, spesso, in accumuli di immagini, tentando attraverso l’iterazione propria delle litanie quello stordimento uditivo, quell’immersione gioiosa nel flusso dei suoni, quella formula sacramentale che possa produrre effetti estatici; se non il distaccarsi dal loro riferimento a cose concrete per offrirsi solo come limpida musicalità scandita da vocali e consonanti, fluttuanti, senza più legami grammaticali e sintattici, nella grazia delle allitterazioni fiorite, pare, da qualche eccedenza del cuore che cerca dolcezze verbali come specchi di quella spirituale. Il percorso emotivo-mentale alla fine appare più semplice di quanto possa sembrare: da bellezza a Bellezza, da vista a Visione, dalla terra al Cielo e viceversa per necessità di dare nutrimento alla parola che altrimenti rischierebbe la paralisi, come dimostra in tutti gli scritti mistici l’impossibilità di lodare il silenzio senza ricorrere alle cose sensorialmente sperimentabili: la notte oscura di Juan de la Cruz, la struttura architettonica del castello di Teresa, a cui pure Mirella allude, la rosa di Dante. E’, infatti, sempre necessaria l’umana saliva per cantare i prodigi dello spirito, è necessario, ancora una volta, trovare un paragone al proprio canto nelle piume e nella gola gonfia di ardore dell’usignuolo che fa vibrare le tenebre notturne. Per spiccare il balzo verso l’Assoluto, Mirella sceglie di raccontarlo per pause, come per prendere fiato, ma il libro ha una chiara struttura poematica che non avrebbe bisogno di titoli. Le parole tematiche: luce, cielo, nuvole, vento rimbalzano dall’uno all’altro testo costituendo un ideale arazzo in cui temi e immagini e colori siano ripresi per ottenere effetti gradevoli di simmetria ed echi del nascosto Ordine universale. Qualche luogo diverso da quello della sua Messina s’intravede: la Normandia, l’Irlanda, la Scozia, ma più che come tappe di un viaggio fisico-geografico, essi si mostrano come spazi di un itinerario del cuore in cerca dell’Assoluto e perciò creano più un movimento verticale che orizzontale: ne fa fede l’ascesa mistica per eccellenza che è quella di Mont Saint- Michelle, i cui elementi architettonici perdono la concretezza della pietra : guglie pinnacoli, sesti acuti, chiostro, fortezza si fanno gradini su cui poggiare i passi senza rumore del proprio cammino interiore. In altre parole, Mirella sceglie la contemplazione, in cui le cose convocate si sacralizzano, per raccontare il mistero, il sovrappiù della sua anima e lo fa secondo quella via femminile che sottolinea Ruffilli nella prefazione, non separando “l’intelligenza dall’intuizione e la ragione dal sentimento” Un libro sicuramente bello che si fa testimone, in un’epoca apparentemente disinteressata alle cose dello Spirito, del bisogno metafisico sempre presente nell’uomo. Che sia una donna a ricordarcelo non fa altro che rinnovare quella preferenza accordata ad essa dallo stesso Cristo come depositaria dei più squisiti segreti della Rivelazione. 20 Giugno 2007 |
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