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Dopo aver letto l’originale romanzo di Wilma Minotti Cerini Ci vediamo al Jamaica, sono rimasto sorpreso di trovarmi fra le mani un lavoro pensato e scritto da una donna piuttosto che da un uomo, essendo l’argomento, anzi gli argomenti, distribuiti in ben quarantasette racconti-paragrafi, di stampo quasi giornalistico e di interesse storico-epocale. E questo è il primo grande merito che va attribuito alla Scrittrice, poiché non solo ha affrontato un argomento di costume, ma soprattutto perché ha scritto con stile e linguaggio appropriati fatti di valore sociale. La cronistoria dei fatti di costume, delle idee, dei pensieri e delle considerazioni esistenziali degli anni ’50-’60, ha certamente una valenza e un significato che va al di là del valore romanzato dello scritto, perché ci presenta un pezzo di storia culturale di un periodo di ripresa della vita italiana, dopo quello triste della Seconda Guerra Mondiale. I personaggi che si incontrano nella accattivante lettura del testo rivelano pienamente lo stato d’animo delle persone del periodo che lo vivono, siano esse artisti, scrittori, pittori, poeti, giornalisti, attori, cineasti e borghesi comuni, cultori seri o da strapazzo che operano in ambienti sociali di varia estrazione, come quelli che particolarmente operano in locali eccezionali quale il “Jamaica” della Milano del tempo, città da sempre cosmopolita e internazionale.

Qui la varietà dei personaggi e delle loro caratteristiche somatico-classistico-sociali rasenta, per il loro modo di comportarsi, anche la tipologia del picaresco e del comico. Nel romanzo di Wilma Minotti Cerini, ci viene mostrata una Milano degli anni ’60 ancora non completamente libera e sfacciatamente gaudente come quella che ci sarà negli anni successivi, ma ancora legata alle abitudini, ai modi di vita un po’ costumati e semplici di una volta. Erano i tempi in cui lo stare insieme in un Bar o in rinomati Caffè letterari appagava lo spirito del buon vivere e della propria accettazione. I personaggi della vita sociale non facevano ancora storia personale o singolare; erano i tempi del trampolino di lancio per i primi borghesi vip, industriali, danarosi ed eccezionali. I vari Thot, Soresani, Michelangiuoli, ecc…o le donne Laura, Adelina, Flaminia, d’importanza sociale secondaria, si accontentano ancora di come vanno le cose, pur intravedendo già un avanzare del benessere economico, del mutamento di costume e di abitudini di vita. Era il tempo del pre-boom economico che esploderà improvvisamente. Accanto a questi personaggi minori della società milanese c’è, però, rappresentata anche la classe dei molti artisti, scrittori, poeti, saggisti, sia italiani che stranieri, che rendevano famosa e internazionale, con la loro frequentazione di locali, come il Jamaica, o altri, la Milano ancora un po’ bohémien.

Il paragrafo del libro “Jamaico questo mito”, molto importante dal punto di vista mondano, elenca e storicizza tanti nomi importanti del tempo che, con la loro produzione e formazione artistica nelle svariate attività operative, emblematizzano il tempo storico dell’Italia e, in particolare, della Milano culturale che rinasce dopo il secondo dopoguerra. E’ per tutto questo, secondo noi, che il libro di Wilma Minotti Cerini Ci vediamo al Jamaica, rappresenta uno spaccato di storia epocale di grande valore informativo; e perciò consigliamo di leggerlo con quella particolare attenzione che meritano solo i validi e buoni libri di informazione e conoscenza di un certo periodo storico-culturale scritti, tra l’altro, in una forma e un linguaggio semplice e chiaro, come sa fare la brava nostra Scrittrice milanese.

Recensione
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