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Dopo
aver letto una mia silloge di tematica religiosa, Scarselli mi confessava di non
essere credente; però io, avendo letto parecchie sue opere poetiche, devo dire
che si sbaglia, almeno dal punto di vista ontologico-metafisico. Nel suo ultimo
poemetto Diletta Sposa, liberamente ispirato al “Libro Tibetano dei
Morti” (Edizioni del Cenacolo, La Spezia 2003), egli avverte la Sposa che sta
per volgere a termine la sua vita corporale e la ringrazia per avergli reso
questa tanto felice | che ormai senza timore né rimpianti | mi posso
apprestare a lasciarla, | sazio di conoscenza e d’amore. Ma subito dopo
afferma che la piccola luce | che ami e conosci della mia anima | è nata
da una Luce infinitamente | più grande che i miei sensi ciechi | possono
soltanto indovinare | oltre l’orizzonte della vita, e, più oltre, che c’è
una Luce vera che si distingue dalle false luci. La sua
religiosità, pur non essendo certo né dogmatica né ortodossa, è lo stesso molto
evidente, anche se su un piano prevalentemente concettuale, cosmico e biologico.
Anche la contemplazione della morte in questo poemetto è faro di sapienza
spirituale, luce di verità capace di liberare l’uomo dal peccato fisico che
incatena l’anima all’esistenza terrena in una dolce lotta fra l’anima e il
corpo, dove intorno al corpo anche se immobile e freddo | l’anima aleggia
vicina | e potrà finalmente ricongiungersi con la Madre della
Luce da cui siamo stati partoriti. Ma ciò è concesso solo a quegli spiriti
eletti | che in vita hanno vissuto santamente | e meditato sui precetti dei
Sapienti, solo a coloro che hanno visto e seguito come un faro | soltanto
la Luce del Vero.
Come non scorgere in questi emblematici versi il profondo
senso dell’amore divino e la salda convinzione che una forza sovrannaturale ci
forma e ci perfeziona in vita con la Luce-Verità venuta dalla Suprema Sostanza?
Questa opinione è confermata anche da altri critici dopo la lettura di opere
come ad esempio Pavana per una madre defunta: “Un libro di poesia
sconvolgente (...) che deriva da un profondo travaglio di meditazione” dice
Mario Sansone. O Eretiche grida: “Un’opera terribile e bellissima, di
quelle che scuotono a fondo l’anima e costituiscono un punto di riferimento
assoluto di poesia e verità” scrive Giorgio Barberi Squarotti. O Il Palazzo
del grande Tritacarne: “Una originalità unica, che non ha esempi in tutta la
letteratura” rincalza Antonio Piromalli. E infine la penultima sua opera, la
Ballata del vecchio Capitano, per noi quasi una dantesca rivalutazione
ulissiaca del potere cognitivo della ragione che induce l’uomo a vivere non più
come “bruto” ma come saggio perché redento dalla Conoscenza. Bastano anche
queste poche opere per intravedere lo stesso alone di sacralità e di scientismo
religioso che substanziano tutti i poemi di questo poeta. Non crediamo che
Scarselli, scrivendo tali opere e parlando con tanto pathos del distacco
dell’anima dal corpo, non abbia avvertito nel suo intimo il richiamo al potere
della legge divina, pur sempre voluta da una Mente soprannaturale che guida il
divenire delle cose. La sua poesia è, sì, poesia parafilosofica e di astrazione
dal reale, poesia di riflessione e di ricerca, ma è anche poesia impregnata di
un sentire ontologico di derivazione profondamente etico-religiosa, proveniente
da un pensiero solo all’apparenza calmo perché agitato nel fondo come il suo
spirito poetico; la poesia scarselliana, e il discorso vale anche per
quest’ultimo poemetto Diletta Sposa, è ardente riflessione su tutto ciò
che riguarda l’origine e la fine del processo formativo delle cose; è biologia
spirituale del divenire rigenerante e dell’Eterna Sapienza che non ha mai
termine perché alla fine del Tunnel, | si apre in quel mare di Pace | su cui
splende senza più accecare | la luce materna di Dio che tutto illumina e
vivifica; e perché infine si anela soltanto di tornare | nel grembo profondo
dell’Essere | luminosa molecola fra le molecole. Veniero Scarselli è
l’archeologo dello spirito, è il biologo della parola che egli scompone e
ricompone per ridarle nuovi contenuti e nuova vitalità poetica.
Ogni sua opera
non è sperimentazione di stili letterari e gioco di immagini, ma un vero e
proprio confronto con argomenti sempre nuovi, o quantomeno con problemi
metafisici irrisolti che la poesia non ha mai trattato. E qui sta la sua
“originalità unica” testimoniata dal compianto Antonio Piromalli.
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Recensione |
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