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“Tutto è fiato che sfiata e che | rifiata, io dico, solo per dare | all’ultimo frammento di una | vita, l’intera vita reale; | la stessa che tutti, dopo, si muore…” e le punte aperte a fauci arse e fameliche di una forbice appesa a un filo ondulato, o il pennino che segna forme curvilinee sulla pelle della materia o l’aprirsi esplosivo di un barattolo sigillato di birra che Daniele Duca impone, con la sua raffinata grafica, a complemento illustrativo dei versi di Danilo Mandolini in l’anima del ghiaccio (p.. 44, edizione fuori commercio, L’aliante, Milano, 1997) ci trasportano lungo “i contorni della terra, la curvatura del cuore”, di un Dylan Thomas scottante e intimo (quello riportato è il verso XIV della poesia “Non per sempre il signore della rossa grandine”, da Poesie inedite, D.T., Ed. Einaudi).

E’ così, a sorpresa, la buona poesia di Mandolini che da libro in libro attecchisce sempre con maggior qualità. Anche Sul viso umano, la sua ultima opera, è altamente incisiva e originale (postfazione di Giovanni Commare, p.. 80, £ 20.000, Edizioni l’Obliquo, Brescia 2001). E’ un transito di linguaggi e di testimonianze, di vita e di morte, di utopia e di essere. Inquietudine e infinito, frammento e rapsodia polimetrica, illusione e saggezza: “…al fine saranno fremiti | di un più freddo e più sporco ghiaccio: | le ruvide dita di domani, | le rare estasi di oggi…”. Un linguaggio asciutto, incalzante, nel quale la “frattura” è “testimone oculare dell’età passata” per inseguire “Altri luoghi”: “Di freddo e scomposto dolore | si imbandiscono le ricche tavole ? || Si dosa l’ebbrezza della quiete | sin dalla prima origine della materia. || Non si riconosce altro, quaggiù, | che non sia una prevedibile teoria, | un futuro progetto d’inconsistenza | per una reiterata negazione”.

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