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Altra opera delle Edizioni del Leone (febbraio 1995) che ho letto con attenzione e piacere è Una misura incolmabile del giovane poeta Danilo Mandolini, nato a Osimo nel 1965. Anni fa Mandolini mi aveva fatto omaggio di un suo Diario di bagagli e di parole, poesie scritte negli anni 1985-1990, quindi era poco più che ventenne, e stampate in proprio, inserite in un elegante pieghevole illustrato da particolari giochi visivi di Andrea Bisonni e suoi. Finalmente una voce giovane, di largo respiro ispirativo, pensai, che sa scrivere e che ha qualcosa di fresco da dire. Infatti si legge con attenzione e trasporto questo diario poetico che scorre nel tempo il passare dei giorni, degli umori, delle passioni, delle disillusioni, scandendo, con linguaggio nitido, giocoso, magmatico e ben temprato, il peso dei bagagli e delle parole dell'esistenza, senza slabbrature né retorici sentimentalismi, come, per esempio, in questi Lavori in corso del 4 novembre 1990: "Escono dai pilastri i ferri, | i rigidi tondini | sui quali si dovrà costruire il futuro. | Sono vicini, affollati, superbi | sicuri di poter divenire, un giorno | il sostegno | per chi dovrà osservare | l'interminabile flusso di auto | verso nord | e verso sud "... e allora che escano pure dai pilastri i rigidi tondini con i quali Mandolini saprà costruire un futuro di vero poeta. Da Chicago, nel 1991, Mandolini scriveva, per esempio, questa poesia socio-ecologica: "Foglia senza scheletro al suolo, | fine sabbia tra le mani | e la mia parola non ha peso alcuno | sotto la luna, | sotto un sogno ricurvo che è vita. | Ricordi quel ragazzo contro il carro | a Tien an men ? | Ricordi la pace del cielo ? | Come puoi spiegare tutto questo ? | Se non sapessi che forse è abitudine, | che molto tempo è comunque passato | direi | "dormi bambino".

Ora, il suo primo libro dà piena garanzia alle impressioni che avevo avuto fin da quell'inizio. Una misura incolmabile è già il segno della maturità di un vero poeta che sa riservare tutta la propria scaltrita tecnica di disgiunzione degli episodi e dei personaggi per una sorta di allusive corruzioni e di dolenti note esplicative del vivere: "E si sta aggrappati ad un'attesa | quasi come a cercare una forma, | un modo per asciugare i ricordi | sotto il sole cieco d'agosto". E lo dice con peso leggero, senza dispersioni, senza inganno né martirio. Cercare una forma è scopo di ognuno, sia nella vita che nell'arte, e allora Mandolini ci si butta con tutto l'ardore e l'impegno dei suoi anni e con la sapienza della vocazione. Nella sua poesia c'è una frattura delicata ma precisa con i mondi omologanti della poesia dell'ultimo decennio e anche con quella di molti poeti della sua generazione e poi c'è una padronanza linguistica ormai precisa che non potrà più smentirlo nei suoi futuri viaggi di uomo e di poeta.

Recensione
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