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L'Eratoterapia di Mosi

In questa stagione cosi dolce e mite, questa piccola raccolta di poesie di Roberto Mosi può essere una perfetta compagna di viaggio. Si tratta di un percorso breve ma intenso e molto vario; la leggerezza del tono oscilla tra il gioco e la solennità, con una fiamma limpida e sempre accesa. Il titolo, Eratoterapia, si ispira al nome della Musa della poesia amorosa e la chiave di lettura di tutta la raccolta sono a mio avviso proprio i versi di "Terapia":

"Nella notte mi sveglio
it sonno sparisce
vola via lontano.
La poesia prende it posto
dei sogni,compongo
in versi suoni e silenzi".

Grazie alla sua buona Musa, che pure richiede "un conto da saldare", Mosi si libera dalle angosce dell'insonnia notturna attraverso la luce dei versi e dentro questa luce appare, a più riprese, Firenze, con varie modalità: talora in contrappunto con Neruda

"E quando in Palazzo Vecchio,
bello come un'agave di pietra,
salii i gradini consunti
usci a ricevermi un operaio
capo della città .
Ieri,
sessanta anni fa,
il sindaco della città.";

talora con il canto patriottico, come nella poesia intitolata "Il sentiero Garibaldi":

"Va fuori d'Italia,
va fuori che è Fora,
va fuori straniero .
Il brigante Buriga
osserva la scena
dal profondo del bosco."

Oppure Firenze si mostra nella conta affannata di una bambina:

"Conta le persone in fila
in Piazza Duomo,
come avanti e indietro.
La musica del violino
la insegue".

O ancora sono le nuove presenze nella città che entrano nella poesia:

"Amin, in fila dietro di me, compila
un modulo, in mano trenta euro
da spedire. Questa sera mia moglie,
al villaggio, accenderà il fuoco".

Anche l'ironia percorre sottile la raccolta di Mosi, a cominciare dalla prima poesia, dove la nipote dice che il nonno fa il lavoro di poeta:

"Avrà pazienza, la poesia,
se la credono presente
in un centro per anziani"

e anche in Messaggi d'amore:

"La rete mi vuole bene
mi abbraccia di messaggi
si preoccupa della salute,
del mio futuro."

Incontriamo poi, sempre espresso con limpida semplicità, il dolore della solitudine politica di tutta una generazione:

" Avanzo nel buffo
del labirinto, inciampo
batto la testa nelle pareti.
Brucia l'angoscia

della solitudine."

è il richiamo alla storia dell'uomo, che coincide con quella purtroppo ininterrotta, della schiavitù, cosi nella poesia Populonia:

"tin sepolcro
emerso dalla sabbia,
mostra lo scheletro
di uno schiavo,
una catena al piede.
Dalle ombre emerge
la storia dell'uomo."

Sono tempi in cui la poesia non ha molti lettori ma la raccolta di Mosi, con la sua leggerezza e il suo armonioso equilibrio potrebbe essere un buon inizio di percorso anche per altre, future esplorazioni.

Recensione
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