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Poesie 2009-2016

L’anonimato del viaggio

Settimanale “Cultura Commestibile”
www.culturacommestibile.com
n. 200 - 14 gennaio 2017

“ È una poesia compagna di viaggio, questa di Roberto Mosi, di un viaggio interiore, scandito essenzialmente dal tempo, come il titolo scabro lascia intuire, “Poesie 2009 – 2016”, di un viaggio che attraversa , prima di tutto, i non luoghi,; aeroporti, stazioni, ma anche ospedali, periferie, mercati perché «È nell’anonimato del nonluogo che si prova in solitudine la comunanza dei destini umani», secondo la citazione di Marc Augé che apre il volume, così:

«sulle banchine del metrò
nell’ora di punta
inceppato il fluire:
a Milano un vecchio signore
in veste da casa ha messo
fine alla sua vita,
stazione Amendola Fiera».

Anche le reminiscenze classiche, i riferimenti all’antica poesia greca servono solo a svelare, parafrasando, un’umanità dolente e dimenticata: «È forse simile a un dio

l’uomo che dorme in piedi
alla porta della stazione
discosto dal muro
i ginocchi piegati
la testa in avanti.
Intorno la folla del mattino».

Ed è la sensibilità pacata e, nello stesso tempo acuta, dell’autore, che costituisce la vera guida del viaggio, libera e senza retorica, profondamente radicata nell’esperienza di vita personale e lavorativa, del tempo per sé e del tempo per gli altri, nei luoghi stranieri, come il Monte Athos :

«Raggiungi la solitudine della cella
apri la finestra sull’oscurità
biancheggiante di onde.
Rispondi alla voce del Mediterraneo»
o nella sua città nei tempi passati:
«Sotto la loggia degli Innocenti
la ruota,la prima figlia esposta
fu chiamata Agata Smeralda»
o in quelli presenti:
«L’anello dei viali
ride dell’allegria dei giovani
giunti dagli angoli del mondo
per dipingere i colori della pace».

Così le parole evocano suoni e immagini dell’infanzia come nella poesia sulle Colonie:
«Io sono un punto,
la testa rapata
due grandi occhi celesti.
Rivive la valigia di cartone,
il canto di cinquecento ragazzi
schierati sul piazzale»

oppure riportano in vita momenti cruciali della maturità:
«si tagli l’arrosto più tenero
il colloquio con i nostri morti
diventi dolce e sommesso,
la vita ha generato la vita».

In questa raccolta, l’homo viator non è un emblema, come dice Giuliano Landolfi nell’introduzione, ma è testimone sempre attento; è soprattutto, attraverso le parole, materia vivente e pulsante , immersa nell’universo dei suoni e dei colori della memoria.”

Recensione
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