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Pupattola è il titolo di uno straordinario libro di favole, scritto a "quattro mani" da Mirella Genovese (Preside del Liceo Scientifico Medi di Barcellona P.G. e già autrice dell'apprezzatissima raccolta di versi Codice segreto) e da Mirellina Parisi, docente di una scuola elementare, sua figlia adottiva di origine filippina e autrice anche delle illustrazioni grafiche.

Una tale operazione creativa rappresenta un caso letterario unico nel panorama della nostra letteratura che vede le due scrittrici simbioticamente accomunate nell'attività inventiva, pervase all'unisono da una comune voglia di raccontare, attraverso il genere favolistico, la loro visione del mondo. La realtà nelle diverse configurazioni tematiche, tra il vissuto quotidiano e l'immaginario, è proiettata oltre i confini della umana pragmaticità, è favolisticamente trasfigurata in un'ottica capovolta della verosimiglianza, dove la cruda realtà esistenziale si carica di valenze etiche nella gestualità di protagonisti appartenenti all'universo zoomorfico-oggettuale, ricreando un sistema comunitario degno di essere imitato dall'uomo contemporaneo che sembra aver smarrito le sue peculiari connotazioni di creatura “celeste”.

Il genere della favola risale, come si sa, ai primordi della storia umana, ma già al tempo dei Sumeri era connotata da un'intonazione ironico-sapienziale. Nel mondo greco e latino essa acquista un carattere fortemente analogico che permette di valutare la realtà sul metro del fittizio, utile all'argomentare, più che ad un'autonoma forma di arte.

Teone, retore greco del II sec. d.c., la definisce come "una storia fittizia che rappresenta una verità": uno scampolo di verità, dunque, nella forma di una metafora. Nelle epoche successive, l'affermazione di Teone permane nella valenza etimologica iniziale.

Mirella Genovese e Mirellina Parisi hanno impresso un'evoluzione al genere, riuscendo ad operare una vera rivoluzione con l'affinare ad elementi di realtà inferiori cifre comportamentali affettive e razionali tipiche della razza umana ed espresse in argomentazioni dialogiche e strumentazione linguistica di incredibile verosimiglianza.

Il volume è sagacemente ripartito in due sezioni, unificate da una sorta di coralità a due voci, legate dal comune obiettivo di educare, utilizzando gli svampi di una vulcanica fantasia, disciolta in surreali situazioni inventive ben amalgamate, tanto da apparire scaturite da una sola sorgente narrativa, come le pagine del diario di un'anima.

Le due sezioni del volume (la prima di 65 favole, la seconda di 15) risultano artisticamente talmente omogenee sia nella eterogeneità degli intrecci che nella singolarità operativa dei protagonisti, da sembrare espressione di una sola voce narrante, capace di coniugare egregiamente storie e raffigurazioni simboliche, attraverso cui il lettore si sente innalzare in un'atmosfera serena di idealità e di sogno.

Si innesca, così, un processo elaborativo che allinea animali, oggetti personificati, creature mitologiche, fantasmi oggettuali, repertori della contemporaneità, nello sprigionamento di archetipi disciolti nella pacata conversazione, dove la razionalità, rinnegata spesso nei quotidiani rapporti umani viene recuperata nelle ingenuità relazionali di un mondo subumano, convocato a raccontare l'abbagliante storia del viaggio da una tradizionale condizione di neutralità verso le spiagge dorate della vita e della storia.

Da un'oasi astratta e apparentemente inattingibile scendono sul nostro pianeta angeli-fanciulli che, per diventare adulti e credibili, planano nel groviglio della terrestrità a testimoniare l'incorruttibilità della purezza pur dinanzi all'assedio del deleterio contingentismo. Il pentagramma episodico risuona in maniera molteplice e, all'interno del personificante frastuono, le scrittrici riescono a riesumare frammenti di idealità disperse.

Vibra, pertanto, nelle sequenze fattuali e gestuali una carica umana che percorre le trame, innalzando una condizione di evidente subalternità a prototipo di equilibrio e di saggezza, per cui i segmenti del reale, in cui li personifica una situazione di precarietà riescono a trasmettere palpiti di felicità, come il cuscino handicappato che sembra inebriare con le sue manine abnormi.

Si veda anche la favola del frullatore, da cui inverosimilmente si sprigiona un diluvio di ambrosia o la ciurma sedentaria di una classe che, convocata sul proscenio della creazione, si dinamicizza e diventa navigatrice. Vengono scandite anche emozionanti avventure mitologiche come quella della viola che scende agli inferi insieme a Persefone o quella della mela della contesa delle tre innamorate di Paride, che consentono a studiosi e studenti adeguati parallelismi e approfondimenti, per una più completa e formativa ricezione della lezione mitologica. Vertici picareschi vengono raggiunti in esperienze come quella del vecchio ospite di una casa di riposo che impara a volare tra le fronde di alberi in scatola, operazione inventiva che presenta analogie con il protagonista del "Barone rampante" di Italo Calvino e che si proietta anche oltre il surreale. Tutte le favole sono caratterizzate da una convincente attualità, ma alcune presentano una peculiare rilevanza. Un'acuminata sensibilità rappresentativa del dramma sociale dei paesi del terzo mondo percorre i fotogrammi dell'infanzia vissuta nelle privazioni di una bambina filippina in "Ricordi del mio continente, le Filippine", dove la disperazione di una vita grama viene superata dalla rassegnazione cristiana ed esorcizzata con gli innocenti giochi e le ingenue avventure di una bambina cromosomicamente votata alla speranza.

L'aspetto tecnologico della contemporaneità, eticizzato dal travestimento dell'istituzione narrativa della favola, si evidenzia nella "Radura dei computer", dove le autrici al nuovo “mostro di automatizzata intelligenza” attribuiscono la più equa dimensione di strumento "miracolo" al servizio dell'intelligenza dell'uomo, capace di individuare, sia ie proprie immense potenzialità donategli, che i propri limiti.

Un'eccezionale valenza educativa, in cui più visibilmente traspare il Codice segreto dei sentimenti e dell'etica delle autrici, rimbalza nella vicenda della "Famiglia felice", la fantastica storia di due sposi sorprendenti, interpretati da una vitellina e da un leone, che adottano come figlio un leopardotto, dove i protagonisti appartenenti a tre diverse specie di animali, nella realtà inconciliabili tra loro, si adeguano responsabilmente ad un'armonica convivenza familiare, nella piena e reciproca accettazione delle loro apparentemente inconciliabili diversità.

La storia, in realtà, incarna sotto i paludamenti favolistici un microcosmo di valori insopprimibili in ogni creatura, naturalmente tesa alla costituzione dell'istituto familiare, un ideale modello di famiglia che Mirella Genovese e Mirellina Parisi, in un'epoca di totale disgregazione, ripropongono come salvifico messaggio alla società contemporanea che, privata del nucleo familiare, è destinata alla alienazione e al naufragio.

Con Pupattola, le due scrittrici, utilizzando un repertorio linguistico incisivo, vellutato e lessicamente ben diversificato, hanno regalato alla letteratura contemporanea un'opera preziosissima di vera arte e di sublime poesia, meritevole di essere diffusa nelle scuole, a sostegno di ogni formativa attività didattica.

15 settembre 2003

Recensione
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