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Il libro di Ferdinando Banchini, Attese, fin dai primi
versi mette il lettore in atteggiamento di religiosa attenzione. E subito
chiara la ricerca vocazionale di una creatura desiderosa di sottrarsi al
chiuso cerchio dei giorni per consegnarsi ad altri valori che esaltino il dono
della vita per poter diregrazieal sole, alla natura al soffio divino della
creazione che ha generato tanta bellezza. Così volta le spalle alla triste
realtà dell'esistere se non per qualche spunto di amarezza ed inizia il suo
cammino-pellegrinaggio in ascesa alle alte vette : «Ma nel vuoto ti cerco, |
Dio segreto e disperso | che trattieni il tuo dono. | Dio che in me ti fai
tenebra e silenzio». Qui c'è tutto, solo noi non ci siamo, ha detto un celebre
cantore filosofo, e saremmo indotti ad analizzare questi pochi versi che ci
danno la chiave della presente silloge se lo spazio di una nota recensiva celo
consentisse. La riflessione si la pensosa arricchendosi via via di scavo
interiore a confronto del proprio percorso di vita sempre pervaso da ansie ed
inquietudini. di attese. Ma le attese sono figlie della speranza, ultima dea,
e se anche tutto crollasse intorno a noi evocheremmo quel filo segreto di
riposta follia che riposa nel profondo per risorgere a nuova linfa alla quale
affidare le risorse inconsce e preziosesolo che si guardi con fiducia in alto,
alla fede, ed è tutto ciò che ci resta il poeta non lo dice. ma si intuisce come
la speranza si identifichi nella fede che sola può ridare fiato allo spirito
assopito e stanco. con il suo fermento propulsivo; e questo vale per tutti
L'attesa, allora, diviene vigile per lanciare ponti oltre il vuoto del vivere
senza senso: «Ciò che vive | tutto è in attesa». Qui si innesta il problema
dell'eterno divenire, in quanto tutto si trasforma esi rinnova fuori dalla
prigione apparente dell'immobilità. Poesia di riflessione che appunta il
pensiero sulla filosofia dell'essere e fatalmente si eleva alla ricerca
mistica dell'assoluto. | |
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Recensione |
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