| |
L’endecasillabo
sciolto sui crini dell’oblio inteso come sonno letargico, attenuazione di
ferite, latenze, delusione. Là dove Goethe riaffiora con la forza della speranza
chiedendosi chi gli riporterà soltanto un’ora del tempo beato; palese rinfranca
mitica la parola immaginativa, rabbrividisce vanificando il precluso ricordo
icasticamente concluso. Viola il costato, scuote l’intelletto infliggendo un
sofferto languore “molecola ed humus”.
Casuale albero
innestato, come dice il poeta Giordano, che incornicia questa silloge di assidui
spazi naturalistici e di primavere confidate in un miracolo percorso che
inghiotte il ticchettio del tempo parassita occulto…
Alla matrice che
avvince l’eterno sogno premonitore testimonianza di fede e valore categorico, si
unisce lo spazio sacrificale del mito che silenziosamente disperde il proprio
polline. Come una vestale ammonitrice la memoria si libera del proprio bozzolo,
ara, sacello tombale come una farfalla, un imenottero, una foglia, si libra
nell’aria innalzandosi con l’anima proterva, esule; mai effimera trasfigurazione
intimidatoria.
| |
 |
Recensione |
|