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Un nuovo itinerario di Veniero Scarselli, nuovo non solo per
il tema prescelto, ma per il contenuto, lo spirito di vita che lo anima. Nella
premessa si cita il "Libro tibetano dei morti", via per poter raggiungere gli
stati superiori dell'essere, nell'aldilà, e si citano le testimonianze di "Vita
oltre la morte", finalmente da qualche decennio rese note, superati i vari
veti pseudoscientiftcipositivismo ottocentesco; ateismo marxista — e, sul
fronte opposto, religioso. — le varie chiese che si arrogano la proprietà della
verità. Veniero Scarselli descrive, quasi la vivesse, l'approssimarsi della
fine di un essere umano. Ciò che può vincere la morte è l'amore, e l'uomo che
sente di dover morire, si rivolge alla sposa, la persona amata, per avere
l'ultima suprema assistenza, misto di amore e pietas, che sola, lo può aiutare a
raggiungere la vera luce. I pericoli dell'inconscio, con e descritti dalle
antiche tradizioni, incinubono. I legami con il mondo fisico dovranno essere
recisi e la figura amata dovrà — usiamo lui termine del medioevo occidentale —
"angelicarsi", confondersi con la Madre Spirituale Cosmica per indicare la via
del cielo, della Liberazione. Il poemetto è denso di contenuti, qui appena
accennati, ma reso lieve dal continuo apporto di valida poesia, che sa creare
immagini su immagini, e si distacca dalla grande maggioranza della produzione
poetica (7) attuale per la mancanza assoluta di narcisismi e futilità, per
essere sempre senza nessun autocompiacimento, per non avere altro intendimento
che tentare di svelare l'uomo moderno a se stesso.
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Recensione |
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