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Ancora una volta Giovanni
Di Lena, giovane e valido poeta nato a Pisticci ma residente a Marconia nella
provincia di Matera, in questo lavoro Il morso della ragione, edito in sobria
quanto elegante veste tipografica dalla Ermes di Potenza, con dedica `Ad Aldo
Moro e a quanti lottano da soli' ('Le tue ceneri | si disperderanno | negli
anfratti dell'incoscienza | con meschinità | affossate | dai mercanti della
storia') indaga, come già è avvenuto in Un giorno di libertà dell'89 edito
dalla Vallisa di Bari e Non si schiara il cielo del '94 per la Lacaita, con
sottile e certo malinconica attenzione i vari aspetti della vita in cui vive e
in cui si è `rimasi in pochi | ad essere veri | ...in pochi | ad essere noi
stessil...in pochi | ad assaporare la fetta del pane | riscaldata al focolare' e
dunque `in pochi | ad essere ancora veri' e ci si ritrova `sempre più soli | su
questo nostro pezzo di terra' del Sud `a difendere | ciò che non ci hanno ancora
tolto' e sono questi `i segni' che si portano addosso della `disfatta"coi
`palpiti della nostra tradizione' e il tremendo `dramma del lavoro' sempre
promesso e non mai dato da nessun governo, si direbbe non esserci allontanati dal dopoguerra quando
garrivano al vento le bandiere della rivoluzione sociale. che non è mai venuta.
Ed è così che Giovanni Di Lena, dentro di sé, della sua `storia' ne porta i
`lividi' della `ragione' gli `spasmi' della sua libertà, quei `desiderio' che
manco lui ci dice; e chissà che proprio non l'aver `seguito l'andazzo' non sia
stato il suo `sbaglio'; quindi `Piazza Bologna' nell'amaro significato di
`umiliazione' e di 'indifferenza'; e quindi gli `ideali perduti' nell'abbaglio
della `apparenza'; e Melfi dove `i garanti del potere | speculano | sulla fame' e
allora `la nostra storia' altro non è che un `ilare gioco' con `un'epoca |
trafitta dalla falsità', si potrebbe continuare.
Nel mondo poetico di Giovanni Di Lena c'è dunque una realtà
che incombe irta e massiccia nell'essenzialità d'un verso incisivo, dilaniante
('un buco nel cuore | ingoia le mie ansie |||| Morirò di solitudine') e il suo
urto è capriccioso e irripetibile nell'indugio, chissà, d'un `rubare' o non gli
`attimi di felicità' veri faustiani attimi fuggenti dalla realtà. Ma attorno a
lui il carosello continua, tra crolli di oscuri simulacri inattinti, di simboli
smozzicati ('uomini senza volto... a vendere merce truccata') che
vorticosamente s'incontrano e s'intrecciano. Poesia che vive ai limiti
dell'assurdo. nel coincidere della disperazione, per quel `muro' che non si può
`varcare', il montaliano `varco' che non si trova o non si sa dove sia, in
assenza di fede ('non ha creduto nella fatalità' neppure in quella) o con una
fede a trasferirsi ai vertici dell'assoluto d'un povero e mobilissimo bagaglio
del tempo.
Probabilmente, in una simile religiosità che si afferma
silenziosa attraverso il negativo, in una simile partecipazione dolorosa
vissuta nell'estraneità ai miti, e semmai ai bagliori di miraggi falsi e
menzogneri, e alle demagogie della storia, va cercato l'accento del Di Lena
migliore. o comunque quello che più e più in profondo è stato influenzato dalla
psicologia contemporanea e da taluni squarci di politica dell'inganno.
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Recensione |
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