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Avverte
Anna Ventura nella presentazione che il titolo di questo libro è dovuto a un
personaggio che non è un buffone, bensì un dignitario della corte di Filippo II.
La sua figura deformata, risulta tuttavia funzionale all’intenzione dell’autore
di avventurarsi nelle regioni più scabrose dell’esistenza umana conservando un
filo di sottile ironia.
La silloge si compone di 38 componimenti senza titoli, che pur nel mutare degli
stili e delle forme obbedisce ad una tensione unitaria che ne governa
intimamente l’intera struttura. Dal principio alla fine la pulsione dell’eros
batte incessante e profondo nel sangue degli uomini e delle donne, avvinghiati
in una comune morsa che è più forte di qualsiasi senso di colpa.
"Formiamo una specie di senato, di probiviri | versati nell’etica dell’amore,
nell’estetica | ci addolora la misura preventiva, l’antica | mutilazione delle
appendici contro l’usanza | medicinale del sesso, i peccatori versano | enormi guaiti
dolorosi, le donne sono | intrepide" (p. 55).
Vi è un’attenzione drammatica rivolta alla corporeità femminile oltre e
attraverso le forme, fin dentro il suo dinamismo psichico. Ma se Baudelaire ci
aveva insegnato a coglierne l’erotismo e la sensualità nascosta, Rossano Onano
ne evidenzia al contrario una drammatica carica di sensuosità compulsiva, ne
teme la pericolosa seduzione della mantide (p. 32). Le immagini femminili che
incontriamo nei suoi versi risultano cariche di intensità e di pulsante fisicità. Donna d’agguato e di seduzione terrestre (p. 33). A tratti si ha
l’impressione che egli possa rimanerne incantato dall’indomabile richiamo "Non
era possibile, | uomini ancora un poco | eludere le poppe dolorose" (p. 22),
altrove avvertiamo invece la consapevolezza di una concupiscenza carica
d’infausti presagi "Ti spalanchi sola nella notte | contrariamente ai fiori
| spandi
attorno profumi dolorosi".(p. 40) Come il Nano della celebre opera di Velazquez
egli abita uno spazio di paura e di compulsione, e dinanzi alle nutrite schiere
di giovani baccanti che si godono la preda, ognuna secondo il proprio gusto, si
aggira con attenzione compulsa dentro le rame del parco (p. 14). Mediante un
espressionismo incisivo, frutto di una voce lucida e ad un tempo fortemente
visionaria, Onano riesce a rendere palpabile un senso nudo e primordiale della
donna, che da imperiosa e maliarda incantatrice ripiega duttilmente nella sua
missione ancestrale di custode della vita.
Con frequenza si affacciano gli studi e l’esperienza di medico psichiatrico
nell’adombrare aspetti e manifestazioni comportamentali di aspetto grottesco e
surreale, ma la sua poesia non scivola mai nell’ ”affaire psycanalitique”.
Rossano Onano è dotato infatti di un’eccellente narratività e di una lodevole
capacità nel tratteggiare le scene, che gli consentono di realizzare un testo
che alterna un uso sapiente di poesia in prosa e poesia in versi. E anche quando
affiorano inattese figure di nani, magi e fate l’immaginario poetico non è solo
metaforico ma profondamente simbolico. Rivela una naturale inclinazione verso la
grande tradizione simbolista francese e lascia intuire una frequentazione con i
poeti orfici italiani del secondo Novecento.
Tensioni surreali, intellettuali, esistenziali, persino religiose pigiano in
questo autore che non ha alcuna paura di rischiare. E ci consegna un testo che,
nella multiformità di forme, suscita un profondo interesse per il tentativo
d’impostare un discorso capace di slegare dalla realtà, legandoci ad un realismo
mitico che è un luogo del tutto diverso e altrettanto concreto della realtà
quotidiana.
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Recensione |
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