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E' il racconto di un viaggio odisseico per mari e deserti, fra accadimenti sorprendenti e spesso temibili, fra Arene inquietanti (p. 13) e insidiosi uccelli soprannaturali (55, 56), notti dalla luce mortale (52) e fiori fallici che marciscono prima del giorno, mostriciattoli che ti accerchiano per cibarsi delle tue viscere (53) e aneliti evangelici all'amore universale (92), attraverso un mondo sempre più degradato e ostile, fino all'ultima spiaggia, ove larve di uomini-bambini attendono la fine (95) e ove anche la madre ormai col corpo disfatto non può che abbandonarti (97, 98) alla tua ricerca individuale di salvezza, forse fra saggi eremiti che si nascondono dalla furia del mondo in rifugi scavati nella roccia (90); salvezza che purtroppo non giunge e allora bisogna lasciarsi morire in un'oasi dimenticata (I03).

Questo, in sintesi, il veemente romanzo lirico di Veniero Scarselli, che non conosce il grigiore della quotidinità ma si lancia in un'ardente, estenuante ricerca dell'ultrasensibile; che affascina subito per l'intreccio del fiabesco e del vissuto, sempre tenuti "alti" da un tono epico, più che lirico, nutrito di una cultura classica "rivissuta"; e per la musicalità del verso, che diventa talvolta dolorosa, talmente è marcata, e col suo ritmo richiama, in un contesto e con una sensibilità attuali, antichi componimenti e ballate che sapevano esprimersi attraverso quella "misura" che è la musica della parola. E attraverso questa musica fluiscono, mediate da un verso immaginifico, notazioni che nascono dal profondo dell'uomo e dal suo sentirsi parte, ma come spettatore cosciente, del cosmo. Ecco emergere il peso della memoria come segni indelebili impressi nelle carni; la drammatica ambivalenza di piacere e dolore; la mistica tendenza ad immergersi nel mare del mondo fino al dissolvimento.

Reso sempre con immediatezza emotiva è il rapporto col mare i velieri; anzi, con il "Veliere"; il quale, se pare risalire ad una esperienza marinaresca effettivamente vissuta, nel racconto assurge a simbolo, involucro corporeo di segno fortemente uterino che permette lo svolgersi della vita durante la navigazione tempestosa e già in partenza perduta, eppure sempre piena di speranza: «... sapevo | che da sempre ci attendono | mari abitati da uccelli | irraggiungibili isole» (10); il futuro è sogno, anelito, da vivere con sofferenza ma nel contempo con estatica contemplazione; è l'antica, eterna ricerca dell'Essere nel legame misterioso fra uomo e natura; un motivo questo, forse anzi un modo di essere, peculiare di questa poesia, che sprigiona continuamente una profonda religiosità, nel significato più lato del termine: una contemplazione, a volte incantata e a volte tormentatamente investigativa, del mondo. L'uomo è inteso come elemento della natura, che spesso giunge perfino a negargli diritto di identità, confondendolo con gli altri elementi: «anche nelle menti degli uomini | che già affondano radici in cerca d'acqua» (46) sono dantescamente "tristi cespugli" o "pini contorti" dalle cui ferite potrebbe sgorgare sangue, se già la solitudine non ne avesse succhiato tutta la linfa.

La poesia di Scarselli riesce a fondere questi temi inusuali e fantastici e a suscitare visioni magiche di mondi passati e futuri dove il vento, i! mare, le isole sono simboli carichi di significati arcani e l'onnipresente "Veliere" pare riassumere nelle sue antiche e vetuste fibre l'attesa del dissolvimento materiale e la speranza, anche se labile e incerta, di una nuova vita; «che nell'ora della morte | quando lo spirito è pronto | ad aprirsi come seme | forse s'appresta a ridestarsi».

In questo contesto, è certamente interessante e singolare anche la rappresentazione che il poeta ci dà dell'esperienza sessuale; la quale, pur venendo resa in una sua cruda violenza primordiale («...e tu in deliquio urlasti | come agnello sgozzato | tutto l'orgasmo bestiale | della fecondazione», 37) non mostra alcun compiacimento, anzi, se mai la castità dell'atto biologicamente necessario («l'umile antico bisogno», 18, «il rogo primigenio di nozze», 24). La sacralità della trasmissione della vita biologica è l'altare su cui sono immolate «vittime inermi | di questo antico sacrifizio» (20); e la fusione di due individualità creatrici è rappresentata da versi maestosi ma pur sempre essenziali: «affranti | dal lungo grido ancentrale che erompe| sigillo della fecondazione | nello stupore meridiano delle pinete» (24); è una visionemistica del sesso, che si ritrova un po' ovunque nel libro; quasi che il sesso, più che alla propagazione fisica della specie, fosse destinato alla propagazione delle anime: la femmina è colei che consente l'avverarsi di questo miracolo, colei che «per insondabili fini d'animale | ... | nell'amplesso incomprensibile | schiude il ventre alla tua mente | finalmente nascosta al dissolvimento | nel ventre della madre | in un tripudio di luce | seme pronto a fiorire | di uomo in uomo | di anima in anima» (68).

Scarselli si pone dunque, fin da questa sua prima opera, già come poeta maturo e ben individuato, come una vena poetica fluente e una immaginazione vigorosa dalla sicura presa emotiva, portatore di intuizioni che ben superano gli schemi angusti della quotidianità per affondare le radici nei grandi temi dell'uomo, in un continuo, ansioso protendersi verso un cosmo di tipo panteistico; in cui però l'uomo si sente estraneo e sgomento: «una grande notte di stelle | pesante cappa | che mi abbraccia senza conoscere | come meretrice» (101); e in cui serpeggia una ricerca inquieta ma ostinata di un Dio invisibile, che non vuole dare «alcun segno di sé» (102).

Recensione
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