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Un libro che narra una vicenda degli anni '90
La milanese Laurana Berra, che, per usare la sua metafora, ha scelto di
vivere "nel bozzolo dorato" della Liguria, è laureata in Filosofia Estetica e ha
trascorso un biennio in Pennsylvania conseguendo un M.A. E' inoltre traduttrice
dal francese e dall’inglese ed è stata redattrice per Mondadori in contatto non
solo con Quasimodo (come lo fu anche il nostro mai dimenticato Giannetto D’Oria)
e con Vittorini (del quale, con Pavese, nati entrambi nel 1908, ricorre il
centenario della nascita), ma anche con i mostri sacri Faulkner ed Hemingway
(gli "amici americani" di Fernanda Pivano). Le sue opere precedenti (La grande
famiglia, Il tempo di Connie, Nove fiabe metropolitane e il pluripremiato
romanzo Giovane è la memoria) hanno raccolto lusinghieri apprezzamenti non
solo dai lettori, ma anche dai critici. Nel bozzolo dorato è il titolo
dell’ultima sua opera narrativa ambientata nel Comasco e dice, sviluppandolo in
un triennio (1990-1992), di una dinastia di imprenditori nel ramo tessile
dapprima in auge e nel breve volgere di tempo in pesante declino causa idee di
grandezza (la villa a S. Margherita, l’acquisto d’un grande capannone proprio in
piena recessione, ecc.), mala gestione e fondi neri all’estero fatti stornare
per interesse privato...
E facile e nello stesso tempo stimolante, grazie anche all’albero genealogico
posto in apertura, seguire il percorso esistenziale delle tre generazioni nelle
loro vicissitudini fatte di gioie e tormenti, di crescite e cadute, di trionfi e
fallimenti, di successi e insuccessi. Ignazio Baragiola, il capostipite, vero e
proprio "self-made-man" e qui definito "Patriarca in pensione", al pari di ombra
ineliminabile si rivela "onnipresente e onnivessante", pur avendo ceduto
l’Azienda ai tre figli (ora, "Baragiola e figli"): Attilio, Lucio e Iride. Al
fianco di Ignazio, uomo all’antica, c’è Adelaide, la moglie proveniente dal
commercio e "ingabbiata nei suoi pregiudizi" dice l’autrice, ma considerata da
tutto il clan, con bel termine dialettale, la "regiora". A dirigere con moderne
vedute e ad ampliare l’attivits paterna è il primogenito Attilio, che ha sposato
Serena, ricca colta e altruista, e per tutto ciò invidiata: nel finale sarà
Attilio, amministratore unico, ad "assistere impotente allo sgretolarsi di tutto
cio che suo padre e lui avevano costruito negli anni". Lucio, il secondogentito,
pur avendo al suo fianco la "graziosa" moglie francese Henriette, figlia d’un
professorone della Sorbona (la scoprirà "carina, seno piccolo ma sodo, gambe lunghe,…"
solo al momento dell’abbandono), appare e vive, da patetico di "Dorian Gray",
come una sorta di mozartiano "farfallone" sempre a caccia di donne e col peso di
un figlio handicappato, Sergio, da lui (fallito come "marito, padre, uomo")
pressoché ignorato. La terzogenita, Iride, fredda e contabile e frigida moglie
di Silvio, muterà del tutto dopo l’incontro col furbo (o, non piuttosto,
furbastro?) ragionier Vitale, che fingerà di darle quell’amore, apparentemente
romantico e spirituale ma soprattutto fisico e sessuale, fattole sempre mancare
dal marito. E attorno ai tre figli pullulano, tutti ben delineati, altri
personaggi: in primis, a far da contraltare a due maschi e alla femmina figli di
Ignazio, Gianni, Oscar e Ivana con le loro mogli i primi due e il marito la
terza. La moglie di Gianni è Mariuccia, maestra senza tante sudditanze e senza
tante smancerie nei rapporti con i suoceri; la coppia avrà due figli: Olga e,
proprio in chiusura di romanzo, Ignazio II che, ultimo della dinastia e
destinato "a reggere nel bene e nel male le sorti della Baragiola e Figli",
nasce proprio durante il funerale del capostipite a concludere così con barlumi
positivi per il futuro della potente dinastia, venuta inopinatamente a trovarsi
in difficoltà, allorché Iride, vittima e succube del ragionier Vitale (in
combutta con Domenico A., un bonario maresciallo, pensate un po’, di
Ceppaloni!), cede alle sue richieste di miliardi per riparare e trasformare in
villa extra-lusso una "sua" malandata fattoria. Poi c’è la moglie di Oscar (il
figlio che, andando controcorrente, ha scelto l’arte, via altra che lo porterà
al successo e alla ricchezza), Nancy, una giovanissima americana ricca e
sbracata, e il figlioletto Gaetano. Infine Raul, marito di Ivana, l’uomo venuto
dal nulla e di cui non si sa nulla, ma che a suo modo saprà imporsi. Vi sono
altri personaggi di contorno quali Don Reginaldo, l’unico ad avere feeling con
la francese Henriette; i membri della famiglia del ragionier Vitale, i cui
componenti appaiono vittime di un capofamiglia millantatore e spregiudicato e
altre sporadiche e fuggevoli apparizioni. Lo sfondo, per cosi dire storico, del
romanzo, oltre alla "Resistenza" rievocata e ben presente, è costituito dagli
anni ottanta e dai primi anni novanta per cui vi si coglie altresi l’eco dello
scandalo connesso al "Pio Albergo Trivulzio" di Milano scoperchiato dai giudici di "Mani Pulite", la guerra del Golfo e tutta una realtà di fatti,
crisi economica compresa, che ancor oggi, se non viviamo al momento, non abbiamo
però dimenticata tanto e a noi vicina.
Nelle sue descrizioni Laurana Berra non
solo segue e insegue il movimento e i movimenti continui di personaggi e
situazioni, ma persegue dei personaggi i più intimi e segreti moti interiori e
delle situazioni l’evolversi e i diversi andamenti. Eppure, pur nella sua
complessità dinastica e fattuale, la mappa narrativa è lineare, piana e gli
sconvolgimenti, di qualsiasi natura essi siano, impastano e ricreano i vari
personaggi che espongono in piena libertà i loro sentimenti, sentimenti che si
frantumano poi nei desideri smodati e nelle voglie inconsulte. I personaggi creati, descritti e seguiti passo passo dalla Berra cercano di
sgusciare tra le difficoltà e le miserie di un’esistenza a volte insopportabile
o mal sopportata: come Narciso, i personaggi si affacciano al pozzo delle loro
vicende passate che non possono essere piu recuperate.
Quello della Berra è, inoltre, uno
stile che saltella piacevolmente
nelle metafore (quante! E sempre
appropriate) con gocce di lieve
ironia sparse qui e ls, aggiungendo che la scrittrice possiede la capacità
di delineare con pochi tratti incisivi
e in poche significative battute di
dialogo ogni personaggio, che vive
così di vita propria pur strettamente
collegato e saldamente incastonato
nelle vicissitudini di tutti gli altri.
D’altra parte la scrittrice, coltivando
per essi la medesima importanza,
pone la stessa sollecitudine e la
stessa attenzione tanto al ritmo
narrativo quanto all’inquadramento
dei tanti personaggi. Il tutto risulta
pertanto, oltre che un ricco tessuto
descrittivo, anche un equilibrato
coacervo di vicende esistenziali, di
vissuti formativi, di eventi finanziari
e a carattere fiscale: in tali vicende,
in tali vissuti, in tali eventi la "pars
construens" e la "pars destruens"
della "affluent" dinastia si
intersecano e si accavallano, coesistono e si equilibrano attribuendo ai personaggi, nell’insieme
narratologico, impulsi e slanci
emotivi o di indifferenza, movenze
e gestualits appassionanti o di
apatia, stimoli e incrementi
appaganti o di insoddisfazione. In forza di quanto detto, Nel bozzolo
dorato di Laurana Berra è un libro che si
legge tutto d’un fiato e che non
lascia per nulla indifferente il lettore.
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Recensione |
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