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“Non
erano l’eventuale imbrogliata all’amico, le fatture false, l’evasione fiscale a
preoccupare sua madre, ma le amicizie femminili, il sesso, il sesso!”
L’ipocrita perbenismo della provincia fa da sfondo alla saga dei Baragiola,
industriosa famiglia lariana “presa dal lavoro come un apostolato, che non
leggeva libri e poco anche i giornali, incapace di comprendere la necessità
civile della cultura. Votavano tutti ‘turandosi il naso’, qualunque partito
scegliessero, perché odiavano la politica considerandola un’inutile escrescenza
sulla pelle della società”. Gli euforici anni ’80 sono appena alle spalle,
Tangentopoli e la crisi economica un’amara sorpresa ancora non rivelatasi; la
Baragiola e figli va a gonfie vele ed elargisce profitti e miliardari fondi
neri, accumulati nelle banche svizzere, nel Liechtenstein, in Lussemburgo.
Ascesa e declino di una famiglia nella quale il mito del denaro è congenito e
trasmesso di padre in figlio, unito alla convinzione che “il successo economico,
unico tipo di successo riconosciuto, fosse conseguenza delle qualità morali
dell’individuo”. È l’Italia che saluterà con entusiasmo ‘la discesa in campo’ di
Berlusconi due anni dopo; un arguto ritratto sociale, nonostante la raffinata
penna della Berra non sempre abbia il coraggio – o la volontà – di graffiare.
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Recensione |
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