Nevio Nigro. Un sogno fatto alla presenza della
ragione
Tommaso Ceva, letterato e
matematico del Ducato di Mantova, vissuto tra '600 e '700, ha dato della poesia
una celebre definizione: "un sogno fatto alla presenza della ragione". La definizione è stata spesso citata, tra gli altri da
Montale, e sembra particolarmente adatta al carattere della poesia di Nevio
Nigro, anch'egli come l'antico gesuita mantovano insieme poeta e uomo di
scienza.
La presenza della "ragione" associata al "sogno" non deve
stupire: il sogno per Nigro non è una fuga nebbiosa dalla realtà, ma piuttosto
un luogo in cui il mondo reale è conservato, ostinatamente, talora
dolorosamente, in ciò che ha di più prezioso e persistente. Il mondo del sogno
coincide con il paesaggio della memoria, nel quale il poeta ama addentrarsi
quando il giorno tace e le cose non lo soffocano con la loro presenza, le
attività quotidiane non lo assorbono, le voci presenti e vive non lo
frastornano. È un paesaggio crepuscolare o notturno, rischiarato dalla luce
discreta della luna (La luce della luna ! dà un'ombra lieve), in cui si rivelano
i segni più cari del passato, con la loro esile verità che vince il tempo.
La notte è dolce
Quando si chiudono
Le finestre del tempo
Al vento della sera
Non è perverso
Il gioco dell'attesa.
La notte è dolce.
È stanco il passo
Che si fa memoria.
Esile verità
Non ascoltata.
La notte è dolce.
se discende piano.
E nel paesaggio della memoria la malinconia del passato è
dolce, perché l'unica vera vita che ci appartiene è quella che possiamo
ripensare nella solitudine silenziosa del sogno: (da "Senza titolo", in Quel passo
di danza, p.49)
La vita è sogno
Ma sembra bella
anche la solitudine.
E il silenzio.
Non piango giovinezza.
Ma sempre
Ovunque vado la
ripenso.
La capacità di dar voce ai sogni, di conservare la memoria di
ciò che il tempo consuma, è costante della poesia di Nigro, instancabile
viandante, straniero spaesato nella luce del giorno come sempre il poeta quando
cammina con passi di terra tra gli uomini sordi alle sue sommesse parole. Questa
condizione esistenziale è il tema di "Vita" e di "Giorni perduti", due tra le più
essenziali e belle liriche del poeta.
La memoria del poeta che non dimentica, che rievoca il
passato che si fa presente e vivo nel sogno, è `pietas, è rispetto e amore che
difende dall'offesa del tempo le care immagini di coloro che hanno lasciato un
segno nella nostra vita. Il poeta ne ricorda i gesti modesti e consueti, le
parole affettuose, le piccole manie, in una lirica dal tono e dall'andamente
colloquiale, in cui sono frequenti assonanze e rime che le conferiscono un
andamento musicale come di un canto sospeso (tra un passato rimpianto e un
futuro atteso).
La chiusa della lirica "Ricordo del padre" (da Il sale dei baci, p. 93
e da Tra funerali e sottane, p. 52) esprime la conquistata serena certezza
in un Dio che salva anche i cuori pieni di dubbi e di ombra, che rende luminoso
il buio inaccessibile dell'oltre, che profuma la notte che giunge : l'ultimo
sogno è quello che conforta nell'ultima attesa.
Invecchiando
Tutto è nel sole
e nell'ombra.
Anche l'amore.
E il sogno
con l'umile imbrunire
della sera:
stuporosi silenzi
e futili parole.
Il tuo rosso dono,
Signore,
profuma la notte
che giunge.
Rende luminoso
Il buio inaccessibile
dell'oltre.
Ed il giorno
ritorna.
Ritorna.
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