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“Sugnu ntra
lustriu e scuru, nna sta strata | chi sparti a manu manca ra riritta” (Sono fra
luce e buio in questa strada che divide la mano sinistra dalla destra).
Ebbene, caro lettore, così inizia questo colorito libello di poesie che, con
essenzialità e forte tradizionalismo, invita a condividere esperienze semplici,
visitare luoghi antichi e se sentiste il bisogno di calpestare quelle strade,
accogliete l’eco di questi versi indugiando con curiosità bambina tra le pagine
e le righe.
Incantano i
versi, come una nenia, come una voce che mugghia nel vento tra le vie, risalendo
dal mare. Non è poesia che narra di realtà invisibili, ma piuttosto è la realtà
concreta che struttura il verso, ricamando dalla lingua parlata, semplici moniti
e proverbiali saggezze. Ma il poeta non s’estranea dal suo mondo, resta
osservatore e sa d’apparentarsi ad ogni vicenda del paese, tuttavia con
verghiana consapevolezza, disillude le attese ed esula frasi fatte e luoghi
comuni. Infastidisce la schiettezza a tratti e intrecci di parole lasciano
prender vita ai personaggi. Questi personaggi vengono accolti con spontaneità
nei versi di Filippo Giordano, che li addita come se fossero conosciuti a tutti,
come se il lettore fosse chiamato a partecipare alla poesia attivamente, ad
essere compreso fra i versi, ad entrare in questo microcosmo di labirintiche
stradine dove si può incontrare a gna Pippina, Pippinedda e Giusippina,
Marietta, Maralucia e a gna Catina.
La vita sembra
essersi fermata, eppur vividamente conserva il valore dell’antico, la
rimostranza e l’ossequio alla memoria. Ma è bene precisare che la poesia
Giordano non è un arrugginito mausoleo di solenni rimembranze, ma un omaggio
nuovo, scherzoso e colorito alla vita che è stata la sua vita. Non vuole
incatenare in statiche immagini i ricordi del suo cuore ma lascia che
s’incarnino ancora e lo facciano sorridere, riflettere e anche imparare, perché
nella vita, si sa, c’è sempre qualcosa da cui imparare. E così lo sentiamo
esordire faceto “Di chiddu c’a stasciuni avi n’fasci | cantari ti vulissi
picca scrusci” (Di ciò che l’estate serba in fasce | ti vorrei raccontare alcune
cose). perché la poesia abbia sempre la freschezza e la giovialità e non si
lasci catturare dal tempo così da non poter invecchiare mai.
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Recensione |
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