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Veniero Scarselli è alla
sua seconda, importante prova poetica con l'opera Pavana per una madre defunta
che è uscita quest'anno per i tipi della Nuova Compagnia Editrice (pp. 125),
favorevolmente recensita da critici illustri quali Bárbieri Squarotti,
Ruffilli e Cara.
Veniero Scarselli è un poeta religioso, un "laudese" dalla
tragica religiosità. La sua parola poetica scandisce, con impervia forza
espressiva, una liturgia della morte che echeggia in un non-tempo sacrale,
dinanzi ad un Testimone silenzioso. Vi si coglie a volte l'eco del grido disperato di Giobbe e
la cifra inesplicabile di un Dio dilacerato: un Dio-madre, tragico Emblema
d'offerta e sacrificio, di morte e "ri-nascita".
Il mistero della morte è difatti solò in apparenza celebrato attraverso il lamento rituale del figlio sul corpo
della madre defunta: in realtà, la scrittura poetica di Scarselli, deformata
stilisticamente dalle tensioni e torsioni espressionistiche che la tormentano,
è gravida di significazioni teologiche, lacerata com'è dalla lotta tra tempo e assoluto, tra materia e spirito, tra annullamento e
speranza-di-rinascita, tra luce e tenebra.
La voce poetica di Scarselli traccia una sorta di dolorosa
preghiera a un Dio che si nasconde e resta muto; dice il lamento inconsolabile
d'essere stato gettato, con la nascita, sulle "spiagge infelici del mondo",
invece madre-vita con un inno alla morte.
Quest'ultima infatti non è intesa come una discesa irrevocabile nel gorgo buio del
Niente, ma si configura come un processo graduale di
"ri-generazione" (secondo
up modello embriologico di
segno negativo), di ritorno
quindi ad una compiutezza
"vissuta" solo "prima" della
nascita, quando la coscienza
d'essere "individuo" aveva valenza zero e tutto era felicemente denso e indistinto.
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Recensione |
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