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Abbiamo dato sul numero di giugno una sommaria notizia di
questo libro ma era sorto in me l'impegno di parlarne più compiutamente come
merita un'opera appassionata e fervida di uno scrittore particolarmente dotato
che con la sua esperienza di biologo si interroga sulla natura umana, sulla
vita e sulla morte, in una contemplazione che è una disperata ricerca di una
improbabile chiave per il mistero dell'essere. Propone al lettore di poesia un
tema terribile, fuori dalla convenzione e dalle tenerezze di una letteratura
assorbita da preoccupazioni formali e sentimentali. ll libro ha un sottotitolo
dal quale non è possibile distogliere l'attenzione: Appunti per una storia
naturale della morte. Che significa questo richiamo se non la volontà di
scavare nelle radici dell'essere, affrontando con linguaggio spesso
dissacrante il mistero dell'essere per ridurlo al mistero fisiologico della
generazione? Un libro terribile e sconcertante, un dialogo accanito e disperato
con la madre morta, un disperato bisogno di insulto a se stesso più che alla
madre, vista nella sua apparente, carnale banalità fisiologica del mistero.
L'opera ha meritato t'attenzione della critica più qualificata per la sua
straordinaria tensione drammatica e per la esplosiva sincerità del
colloquio. Pubblichiamo una delle poesie:
Nostra vera e carnale Madre eterna
Madre mia, fu solo dal tuo ventre
pieno di grazia, che così
amorosamente
ricevetti la certezza di essere
e tu mi promettesti la salvezza;
eri tu certamente in questa terra
da Dio abbandonata il solo essere
che poteva liberarmi da
Male; eppure mai
mi hai svelato il mio vero destino
il castigo per avere
appartenuto
alla specie fatua e ampollosa
degl'inutili maschi,
nulla hai mai fatto per sviare da me
i tormentosi meccanislmi
fatali
i mille démoni incalzanti che ci vincono,
storditi dal furore
dei profumi,
nei labirinti antichi dei sessi
fra le trappole vischiose
dell'Eros;
ci hai lasciati soccombere
con la torbida voluttà dei moribondi
nell'avvolgente seta
della Morte
come docili sbigottite falene
o tremanti maschi d'insetti
fra le umide fauci lascive
di cieche piante carnivore
quando è finito il compito sacro
il breve minuto di furore.
Ma poi tu sola, sempre,
resti padrona della vita
col tuo utero grande come il mondo,
nostra vera e carnale madre eterna
al cui volere non possiamo che sottometterci.
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Recensione |
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