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È facile prevedere che
Pavana per una madre defunta diventerà presto un «caso letterario», se a soli
tre mesi dalla sua uscita ha già vinto premi di poesia ed è stata segnalata al
Montale. Ma ancora prima della pubblicazione aveva riscosso entusiastici
consensi: «Una splendida poesia, sorretta da una grandiosa eloquenza» (G.
Bárberi Squarotti); «Una rilettura del mondo che trascende il dolore» (D.
Cara); «Sono ancora sconvolto e commosso» (R. Pazzi); «Opera di grande maturità
(P. Ruffilli), «Opera meravigliosa e terribile» (L. Zaniboni); per citame solo
alcuni.
Ma chi è questo poeta schivo e riservato, ritiratosi dalla
carriera scientifica e umilmente appartatosi sulle pendici dell'Appennino
toscano per scrivere poesia e vivere un umanesimo totale? Forse non è tanto
esagerato pensare ch'egli sia un «messia» della poesia, se con una sensibilità
attualissima ma saldamente ancorata alla tradizione classica sta facendo la
nuova poesia, quale noi tutti da tempo aspettavamo, dalla scrittura trasparente
e immediata, dalla tematica avvincente, dalla tensione lirica potentemente
immaginifica; ma da cui soprattutto prorompe una forte e coerente statura
morale.
Scarselli non è poeta da formalistiche esibizioni di
immagini fine a sé stesse, troppo spesso incomprensibili, come si ritrovano
nelle solite «sillogi» di frammenti il cui unico ideale è l'attimo
autobiografico fuggente; in questo libro ogni parola è finalizzata alla
trasmissione del suo appassionato pensiero, una vasta riflessione sulla vita e
sulla morte, che assurge alla dignità di poema cosmico dalla poderosa
architettura e dall'inquieta e sofferta religiosità, dove l'angosciata ricerca
di una spiegazione della morte va di pari passo Con una disperata ricerca di
Dio. La parola poetica scandisce, con una forza espressiva che ha la potenza
degli antichi, della Bibbia, dei tragici greci; una liturgia della morte,
davanti a un testimone silenzioso, la salma della madre; è una sorta di
dolorosa preghiera a un Dio che si nasconde e resta muto davanti alle
angosciose domande degli uomini; è il lamento inconsolabile per essere stato
allontanato dall'Eden Felice dell'utero materno e gettato «sulle spiagge
infelici del mondo», dove una macchina perversa e apparentemente insensata
crea instancabilmente la vitae instancabilmente la divora. La Madre è questa
potenza cosmica, che dà la vita e la morte: ci ha accolti nel suo ventre, ma
anche espulsi, esposti, indifesi al mondo ostile e alla sofferenza, la morte
ce l'ha scritta col suo seme nei nostri stessi geni; e tuttavia continua, con
la sua presenza, ad illuderci della vita e noi a invocarla come salvezza. Ma
la pace sarà solo nel silenzio uterino delle origini, nel ritorno alla
materia inerte, nel lasciarsi ancora una volta inghiottire dalla Morte/Madre.
Pavana per una madre defunta è certamente un'opera destinata, come dice anche il poeta Zaniboni nella sua
presentazione sul retro dei libro, a lasciare un segno, a «diventare
addirittura esemplare nel panorama editoriale odierno».
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Recensione |
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