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Veniero Scarselli angelo e dèmone

Per chi s'accosti per la prima volta all'opera poetica di Veniero Scarselli occorre precisare che sin dai primi versi si ha la certezza di trovarsi di fronte ad un dettato che nulla ha a che vedere con l'epigramma, giacché la Sua poesia è ben lontana dal frammento ed anche dalla riflessione del sé per il sorriso. Subito sai d'essere dentro al magma, materia viva incandescente dal respiro lungo. Al lettore s'impone la scelta: chiudere a pié pari i Suoi libri o immergersi nella lettura; è quel che mi è capitato.

Nell'arco lungo di sette pubblicazioni è presente un forte fremito, una grande tensione ideale che porta il Poeta alla ricerca del mistico Graal, il mitico vaso che dà vita e salvezza nel Perceval. Si tratta di una poesia altamente artistica, di tensione ideale, che molto da vicino ricorda i fermenti letterari dell'anno 1000. Anche allora il problema fondamentale del mondo culturale e letterario d'Europa era il rapporto tra Uomo e Dio, il dovere morale di non indulgere a tutto ciò che è corporeo e meditare invece su se stesso e sulla vita dopo la morte. Esattamente come succede a Veniero Scarselli nel lungo viaggio dentro e fuori dal sé. La Poesia è allora per il Nostro strumento d'indagine ai limiti dell'onirico e della follia ed esplora i rapporti tra essere biologico e spirituale, tra scienza umana e desiderio d'Eterno, tra la materia finita e il possibile Infinito.

A differenza però di quanto è concezione medievale, in cui scienza e religione sono strumenti a senso unico che vanno a incastonarsi ognuno per suo conto nell'unica finalità Teologica – valga d'esempio la Divina Commedia – l'investigare poetico di Scarselli è invece arguta commistione delle due istanze: scienza e affiato spirituale sono unità poetica e riflessione del sé verso e attraverso il filo impervio del nostro stare al mondo.

Il percorso è arduo, ricco di asperità; inferno purgatorio e paradiso sono mirabile unità che si diffonde dall'uomo alle cose, dalla materia allo spirito e viceversa. L'intimo dolore dell'essere umano è il dolore delle creature tutte. Scarselli percorre tutte le tappe del dolore con piglio originalissimo e personale: la poesia è allora strumento che tenta e cerca di dare ordine al Caos primigenio.

Il bene e il male si mischiano, la vita e la morte facce di un'unica medaglia, la ricerca è solitudine dell'Io sgomento di fronte all'Eternità.

La poesia è allora preghiera e canto blasfemo, il poeta è santo e demone a un tempo, come in Pavana per una madre defunta, in cui lo spunto è offerto al Nostro dalla morte della madre, dove il poeta esterna la Sua personale visione del mondo: la nascita è vissuta come straziante violenza biologica che ci proietta gioco-forza nella vita. Dall'Eden uterino calmo e placido schizziamo via feriti, lacerati; la nascita è l'inizio della morte biologica e l'inizio greve della nostra coscienza partecipe del dolore dell'Universo tutto. Vita e morte sono nel corpo dell'umanità fragile e derelitta. Così il Poeta descrive la nascita:"...m'hai cacato senza amore | dopo un lungo grido liberatorio | come un duro escremento fecale | mischiato ad altre luride deiezioni | in un frastuono di rumori cavernosi | e digestivi provenienti dal Maligno", e ancora "...mai più saprò ritrovare la via del ventre lascivo... | che si smarriva nel suo mare benefico... | suggendo con la bocca tutto il miele | del Bene dell'universo... | fu cieco disegno dei geni | nascosti come lupi virulenti | nella carne dannata delle cellule | e da Dio come angeli ribelli/scacciati e precipitati nel male, | ciò che infine mi tolse | e allontanò maledetto da quell'Eden | e mise a ferro e fuoco la mia vita | e rese agra e vicina la Morte | e mi fece dubitare del tuo amore".

Tutto il libro è un lacerante grido per esorcizzare la morte biologica: desiderio di vita e di morte si fondono, così bene e male. È una visione realistica che il Poeta ci offre: il Male vive acquattato nelle viscere della nostra società e spesso assume le sembianze del bene: si pensi al gran parlare dei diritti dell'infanzia e ai vari telefoni azzurri, all'esecrazione pubblica dei pedofili di turno; si pensi, ancora, a films come Lolita e Taxi Driver che altro non sono che stimolo alla perversione e alla pedofilia, Internet compresa. Veniero Scarselli ha allora vista d'aquila: coglie la realtà nella sua interezza, nulla sfugge al suo inquieto investigare ed il Suo intimo sé si dilata nel sé di tutti gli esseri umani, votati contemporaneamente tanto al bene quanto al male.

L'uomo è fondamentalmente attraversato da una tensione di contrari, di forze opposte, e l'incontro con la propria controparte negativa è un passo fondamentale per la crescita psicologica..., solo chi è capace di "peccare" paga un tributo alla vita; se non si ha un male interno che ci costringa a confrontarci con noi stessi e con gli altri...non v'è alcuna possibilità di avanzamenti e di nuove scoperte, sul piano individuale come su quello collettivo.

Il 'male di vivere' Scarselli lo esterna in poesia: l'Io narrante è un fiume inarrestabile e ininterrotto, la poesia la maniera di condurre la ricerca per pervenire ad una qualche unità, una qualche armonia nelle sacrileghe leggi biologiche, che ci relegano ad un tempo finito e definito. La poesia di Scarselli diventa allora la capacità di integrare le ambivalenze.

Come Farinata degli Uberti, così il Nostro ha il mondo in gran "dispitto", inveisce contro il tempo, soggetto e protagonista di Straordinario accaduto. In un unico respiro di cellule escrementi morte il Poeta percorre la creazione dell'Universo, dal Big Ben, che dà inizio al tempo finito "tacevano gli orologi, | ...il tempo era rimasto imprigionato... | o forse era mai esistito? | ...dunque soltanto la morte | è la vera immutabile misura | del tempo sigillato ermeticamente | dentro il corpo assieme a un'anima dubbiosa, | la misura che scandisce la vita | solo in quanto a poco a poco la consuma?" sino a Dio, tempo infinito e indefinito, descritto come "...un enorme orologio tetragono | ai terribili venti delle altezze".

Finalmente il Poeta s'accosta a Dio con stupefatto rispetto"...tutti insieme guardavano attenti | verso un punto del cielo d'oriente | Non era un'illusione, anche il mio sguardo | era attratto da quel punto irresistibile; | laggiù qualcosa d'eterno e d'altissimo | penetrava arditamente nel cielo, | forse la cima incredibile d'una torre | o quella più puntuta d'un campanile | stranamente mai notato prima | eppure certo enormemente più grande | d'ogni altra torre e campanili più grandi".

Ma la tensione del Nostro è spesso stemperata da una profonda ironia. È l'ironia la vera protagonista di Priaposodomomachìa, 'sacra rappresentazione', come Scarselli la definisce con un sorriso, dell'amore tra un giovane guerriero e la bella Niobe, fanciulla ad un tempo angelicata e bramata nella sua interezza carnale. Qui il proibito è descritto come la mela del peccato originale, ancora una volta bene e male si mischiano, non si distinguono; l'amore del guerriero è allora spiritualità e urgenza di possedere tutta la sua fanciulla. Il rapporto anale è descritto tal quale, nella sua crudezza e con quel comune senso del pudore che spesso è ostacolo all'unità tra spirito e materia in un rapporto d'amore. L'ano apre dunque le porte dell'inferno, della perdizione: su tutto aleggia l'ironia.

Non v'è amore vero che non sia completo nella sua carnale spiritualità, questo il messaggio lanciato sotto la coltre lieve del sorriso. Molto ancora ci sarebbe da dire, ma è meglio lasciare il campo al gusto della lettura e alla scoperta delle gemme ancora celate.

Recensione
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