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Ed eccoci all'ennesima prova poetica d'autore cui ci ha
abituato, con ritmo annuale, il Nostro. Per chiarezza, e sincerità verso
l'amico, c'è da rilevare subito l'infelicità dell'incipit, sempre e comunque
secondo il nostro modestissimo punto di vista. Ma poi, lungo il percorso, ecco,
prepotenti, emergere espressioni, significati sensi inauditi. Ma torniamo un
attimo, soltanto un attimo, all'odierno, aggiornatissimo Scarselli: non vorremmo
proprio che egli fosse giunto nella propria fase creativa discendente: speriamo
proprio di no! Certo è che gli apici espressivi della precedente sua
Priaposodomomachia, ci sembrano già lontani; bianche vette perforanti che qui,
in questa attuale fatica, francamente non avvertiamo. Peccato. Detto questo, c'è
la felice conferma di una poetica coerente: ossessione di una sfida a viso
aperto ancora in atto e coraggiosamente sostenuta nonostante il naturale pavore
per il temuto, inevitabile paesaggio oltre le colonne d'Ercole. Scarselli
novello Ulisse, si è detto: è ancora così anche in questa soffertissima,
costruita fatica. E' bene aggiungere che gli esiti sono di certo brillanti ed
incisivi. Prevale, nello specifico, la soluzione ermafrodita che sembrerebbe
financo blasfema, ma che di fatto è sostanziata di reflessioni "cerebrali" di
pirandelliana memoria, forse, o di reminiscenze barocche. C'è forse l'abbandono
dell'essenzialità umanistica per i picchi formali che hanno tanto il sapore del
decadentismo esistenziale? Non sappiamo. Una caterva di domande come vediamo.
Non ci resta che leggere attentamente queste lasse e vedere se gli elementi
interlocutori di cui abbiamo parlato danno certezza della loro presenza oppure
non è stato altro che un grossolano abbaglio. Il che può essere. Abbiamo rimesso
ai lettori delle note proprio critiche, come si usava un tempo, sperado di
suscitare curiosità ber la lettura di questo interessantissimo autore
contemporaneo.
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Recensione |
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