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Poesia di "struttura
autobiografica" scrive Franco Tilena, e non vi sono dubbi, autobiografia
lirica quindi, come ho detto a proposito di un silloge di poeta sipontino, il
Franco Rinaldi.
E poesia che, pur ispirandosi a modelli decadenti, trova
nello sconforto della vita i motivi del suo pessimismo, le immagini di stanchezza di noia
di tedio, e soprattutto quel clima a volte di passività a volte di inerzia che
pesa sui suoi versi. Che non vogliono sottràrsi alla crisi del nostro tempo e
rifugiarsi nel nebbioso mondo della fantasia ma, di contra, cercando asilo in
un assoluto solipsismo ed esaltando lo sconfinato amore di un ideale proprio di
rivolta e di contestazione, tesse l'apologia del "cafone che muore di fame", in
"un equilibrio sempre precario", come scrive Giancane nella sua ottima
prefazione "tra eros e thanatos".
E con struttura linguistica autonoma per una migliore
trascrizione della realtà. E, a proposito del "cafone" che "non mangia a quattro mani"
come coloro che `"hanno le redini della società", viene da ricordare i poeti
contadini russi, ma senza pensare il lettore ai menestrelli di viaggio, sprovvisti d'ogni dote
tecnica. V'erano stati nell'800 cantori rustici d'una goffa ingenuità formale,
come Fedor Slepuskin, un contadino servo della gleba che pubblicò nel 1828 la
raccolta Gli ozi d'un campagnolo. Ma i poeti campestri, quelli ad es.
affermatisi negli anni della riforma di Stolypin, si erano impadroniti a
perfezione delle conquiste tecniche della lirica moderna; e il programma di
questa poesia era fondato sulla convinzione che ú "muzik" è il vero
depositario della idea socialista religiosa russa. Ma il contadino, sfruttato
sinora dalle altre classi, avrebbe vinto alla fine, costruendo la nuova Rus
agreste, e Ivan-durak, lo sciocco delle fiabe, si sarebbe mutato in Ivan-tzarevic.
I poeti contadini erano contrari a' regime capitalistico, ma
la :ero opposizione si esauriva in un compromesso; non aspiri vano, in fondo,
alla rottura de' sistema patriarcale e quindi.nemmeno a rendere migliori le condizioni
penose della classe rustica.
L'ispirazione del Di Lena, in questo Giorno di Libertà è quella del rifiuto, "un rifiuto a volte
irrazionale persino, dice Giancane, e non bene motivato, del sistema, ed una
scelta di campo estremamente coerente", respingendo come "forza impura" certa
"modernità" che viene a "contaminare l'avita saggezza del contado". E per cui le immagini dì "Un giorno" sono atteggiate a
una dolcezza umana, ad un'emozione ingenua, a un fervore elementare: e dietro
i versi c'è sempre la figura del poeta: che si estende man mano su tutto lo
spazio della sua vita che va dallo studente al contadino, dall'operaio al
militare.
In un'aspra armonia-disarmonia, spesso mischiando docili
note di devozione e veementi "rabbie repressive".
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Recensione |
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