Altro volumetto. S'intitola
Un giorno di libertà, ed è di
Giovanni Di Lena, alla sua prima esperienza. L'edizione è quella di La Vallisa e
quindi non manca la prefazione di Daniele Giancane che mette in rilevo "oggi che
viviamo il crollo delle ideologie e delle utopie nel clima decandente del
post-moderno, una letteratura di opposizione, di invettiva contro i meccanismi
di un sitema che continua a lasciare ai margini ampie sacche di disoccupazione e
di disagio, più in generale di emarginazione sociale".
E nel disagio tremendo della disoccupazione si batte questo
giovane poeta lucano (è nato infatti a Pisticci nel 1958 e vive a Marconia nei
pressi del paese natale) che in ogni sua poesia fa sentire l 'amarezza di una
esistenza travolta dal disinteresse della società e la rabbia di un'attesa che
si perde nel nulla. Sì, le poesie di Di Lena sono autobiografiche, ma sono anche
espressione di una collettività giovanile tutta sofferente, visto che il volume
è dedicato a "coloro che dalla vità assaporano la miseria". E sono tanti nel
suo paese come del resto in tutto il territorio lucano ed in tanti borghi del
Meridione che vengono abbandonati: I miei fratelli se ne vanno | ad uno ad uno | come le rondini
in autunno | "Ma loro non tornano a primavera " | Li ho visti partire alla
stazione | con la testa bassa | col viso pallido | con gli occhi lucenti | salutano
le facce care | Li ho salutati anch'io | coi pugni chiusi pieni di rabbia | coi
denti stretti dal dolore | l'hanno detto | Vogliamo lavorare ".
Ecco invece come viene sintetizzata in pochi versi la povertà
giovanile: "Le sere d'estate | esalano l'animo | degli innamorati. | . . .
Camminando; | giovani incerti | s'abbandonano a basse velleità | contando solo
laide canzoni ".
Si può dire che Solitudine e Nulla sintetizzano il bisogno
poetico del giovane lucano. Ed ecco la testimonianza in questi versi: "Questi
nostri giorni | così colmi di solitudine | così vuoti di parole senza iniziative
|
A questi scialbi giorni | va il mio elegio di colpa | Questi giorni d'autunno
parlano fra loro: | nei giardini gialli qualche foglia morta | lontano forse un
cane latra | disperato un bimbo cerca sua madre | Che strazio | quanta desolazione
|
anche l'ultimo amico mio | è fuggito verso il Nulla".
In conclusione, Giovanni Di Lena ci trasmette un formidabile
grido di dolore, grido che ci induce a non poca riflessione su quella che è la
realtà della nostra società, grido che più forte sentiamo in questi versi: "Ogni
giorno che passa | diventa sempre più crudo | La mia forte voce | sta perdendo il
suo timbro | e le parole che dico | nessuno le ascolta più | Col tempo il mio
corpo | perderà la sua forma | e la mia anima | già il diavolo se l'è prenotata
| Io
non voglio vivere | con gente che sta in bilico | tra l 'assurdo e l 'assoluto ".
|