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Il
bambino delle memorie della precedente raccolta Di amore, di morte
riappare in Istanbul senza veli: tutto ciò che prima era soltanto accennato e
celato, qui si svela per legittimo anelito di verità. Un probabile difficile
rapporto con il nido familiare lo spinge ad una ricerca fisica ed introspettiva
di un suo equilibrio nel tempo per altri lidi, che non sono parte delle natie
radici, ma al contempo a queste “intimamente” correlate: Roma ed Istanbul per
l’appunto.
Versi, quindi, da cui si deduce infantile (in)sofferenza: “labirinti
delle memorie” col “volto di mio padre” operaio e sempre stanco, “ alla ricerca
di un incerto, nuovo lavoro", immagine, quest’ultima, accostata ad un “vecchio
accovacciato” sul suo organetto. Tracce materne affiorano nella descrizione di
una città ferma “tra orgoglio, fascismo e provincia del trentotto" e l’io
“ridotto al silenzio, tra un me ne frego e l'altro”. La catarsi poetica si
distingue in due passaggi: interiore ed esteriore. Nella prima il poeta si
percepisce nell'intimo di una valigia, pronta per un viaggio nel tempo e nello
spazio . E’ dentro che il poeta avverte e descrive l'amico più caro nei versi
dedicati A Patrick: “Ti ricordo in silenzio, tra la brezza del mare, ove
improvviso sorgevi ignudo con due occhi grandi da bambino ed un baldanzoso,
titanico sorriso" come se lui, il “bimbo”, fosse il solo riferimento certo nella
vita in quel frangente evocativo. Ed è addentrandosi nel rapporto col femminile,
di cui vorrebbe amare corpo e spirito ma riesce soltanto a possedere l’aspetto
fisico, che si distingue un lasciarsi andare all'amore che non sia una
concessione dall'altro sesso: "mi scopro diverso, privo di umano affetto”,
“necessito di vorace ed inconsueto sesso". Fuori di sé, il poeta descrive
Istanbul nei suoi contrasti profondi, nella “chiamata alla preghiera” che
“aleggia veloce sulla malizia".
Un'arte di "un stampo di barocco”, al contempo,
solenne posa “innanzi illuminati, statici occhi”, “sopra due labbra attente ed
immobili”, che aspirano, di grazia, “desiderose di un lento alitare tra i
rilucenti seni" constatando tutt’intorno un reale oscurato dalla “fuliggine” del
petrolio. Il poeta della geografia configura una mappa esplorativa perfino della
guerra, paragonando le teste dei caduti alle foglie dell'albero della vita sul
monte al crepuscolo. Qui riposano, si fa per dire. “memorie vulnerabili e
imbecilli". Il bimbo diventa uomo all'improvviso, nelle vesti di un consunto
soldato che, montando di guardia, osserva e riflette attraverso le crepe di una
fortezza o la fiamma di una candela la vita svanire. Si scortica per ricavare il
suo spiraglio di luce in una consapevolezza più matura, "come un vecchio relitto
che puntualmente approda tra un consueto immaginario che mi vuole
sopravvissuto".
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Recensione |
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