Un sublime
girotondo con Accerboni
Attorno a ciò che
non è stato è una raccolta poetica rara, che si inserisce in un contesto
socio-culturale dimentico spesso dei temi che la poetessa Laura Accerboni
affronta invece con singolare eleganza formale, in un'epoca che vede la poesia
sempre più votata al prosaicismo privo di qualsiasi afflato poetico. Leggere
questi versi e come respirare finalmente un po' d'aria fresca: riuscire ad
apprezzarli e a farli propri a inevitabile.
I terremoti
interiori che la poetessa vive vengono resi con delicatezza e puntualità
mediante frequenti ipometri, che offrono al lettore l'immediatezza del concetto
poetico. Il linguaggio usato non è mai prosastico, sebbene si discosti da quello
tipicamente lirico, per offrire al lettore visioni superbe, osservazioni
profonde, che trasformano le percezioni in sensazioni visive dell'energia
poetica di Laura Accerboni.
Si susseguono così
le speranze inattese e incerte di chi scrive, che si distingue dal resto del
mondo privo di idee e di contenuti, estraniandosi per proteggersi dalla pochezza
dei più. Il senso di vuoto risucchia la poetessa e al contempo la rigetta in un
ambiente lontano dai suoi versi poetici, in un mondo sterile che non le
appartiene.
La fragilità della
persona umana e la capacità introspettiva emergono con un vigore unico, che
scaturisce sia dal silenzio sia da un'immaginazione onirica tramutata in vivida
poesia.
I temi della
raccolta sono numerosi e quasi sempre intrecciati tra loro, ma con un attento
lavoro che porta alla giusta armonia . La quotidianità, le speranze, le
attese, le delusioni e gli amori sono il fulcro di questi versi intrisi di
immobilismo e poetico dolore. I sentimenti più intimi della poetessa sono resi
con potente disillusione e offrono una tensione che proietta il lettore verso
una dimensione altra, che però si scontra con la precarietà e con la fatica del
sopravvivere in un mondo indifferente e superficiale.
Il poetare di Laura
Accerboni investe anche la tematica della morte, evento capace di cancellare
una quotidianità, che risulta utile solo a chi rimane. Ma la poetessa analizza
la morte anche come assenza di vita, scrivendo che "di morte non si muore / se
non in vita", quasi a voler sconfiggere la paura di non esserci Torna così alla
mente di chi fa propri questi versi un punto del tetrafarmaco di Epicuro
espresso nella lettera a Meneceo: «La morte, il più atroce dunque di tutti i
mali, non esiste per noi. Quando noi viviamo la morte non c'è, quando c'è lei
non ci siamo noi. Non è nulla né per i vivi né per i morti. Per i vivi non c'é, i
morti non sono più».
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