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Il romanzo La grazia sufficiente intreccia le vicende di due
protagonisti molto diversi l’uno dall’altro.
Il primo è Taisho, un giovane contadino del villaggio di Mogi, nella campagna
attorno alla città di Nagasaki. La vicenda si svolge negli anni venti del secolo
scorso. La pressione che i modelli occidentali esercitano sulla cultura
tradizionale giapponese è oramai considerevole, a distanza di oltre mezzo secolo
dalla riapertura del Paese ai contatti con il mondo esterno, avvenuta tra la
fine del periodo Edo (1603-1867) e l’inizio del periodo Meiji (1868-1912). Al
fine di emanciparsi dalla propria condizione, che il giovane contadino avverte
come un limite sofferto, egli si impegna per conquistare il titolo di usciere di
secondo grado presso il Nagasaki Medical College, obiettivo che riesce a
conseguire non senza sforzo. Ha una visione molto ligia a quelli che sono i
valori dominanti, e sarà perciò facile preda di un ufficiale dell’esercito
imperiale che visita il college per reclutare giovani soldati nella guerra
d’occupazione della Manciuria. Questo personaggio appare come una figura
gentile, delineata con estrema delicatezza, come del resto la madre di lui che
appare sullo sfondo, intenta a coltivare la memoria di Shigetaro, il marito
perduto, a sua volta, in guerra.
Il secondo personaggio è Baruch Dekker, un mercante, ebreo convertito al
calvinismo, che capita in Giappone facendo naufragio sulla costa di Nagasaki con
il veliero di cui ha ottenuto il comando dopo trent’anni di servizio nella
Compagnia Olandese delle Indie Orientali. Qua interviene la parte visionaria del
romanzo di Micheli: la prima persona che il naufrago incontra è, infatti, un
pittore zen che, nel più assoluto silenzio, comincia a tracciare su un foglio
dei segni e ne completa, poi, una sorta di storia illustrata del Giappone,
fornendo a Baruch le coordinate per orientarsi nelle vicende, ben reali ed anche
crudeli, che oppongono gli shogun ai mercanti occidentali che raggiungono in
quegli anni il paese in cerca di affari. Il romanzo descrive bene questi primi
contatti dell’occidente con il Giappone, in particolare le strategie di
penetrazione della Compagnia di Gesù che, a partire dalla metà del Cinquecento,
tenterà di convertire esponenti delle gerarchie del potere politico e militare,
riuscendovi giacché i gesuiti furono una macchina da guerra ideologica molto ben
addestrata. Il daimyo, il feudatario di Nagasaki verrà infatti battezzato con
rito cristiano nel 1578. Nei capitoli centrali il romanzo, con ricchezza di
invenzioni narrative, illustra gli intrecci tra ideologia religiosa e finalità
economiche che contraddistinsero i tentativi di penetrazione nell’arcipelago
delle potenze europee durante il XVI e il XVII secolo.
Il carattere visionario del romanzo si ripresenta nel fatto che i due
protagonisti principali sono legati attraverso il sogno. In virtù di tale legame
onirico, che emerge gradualmente lungo tutto il racconto, i due protagonisti,
pur vivendo a tre secoli di distanza l’uno dall’altro, sono accomunati nella
scoperta di quanto il potere sia in grado di condizionarli e rinchiuderli in una
sorta di trappola. Entrambi trovano una via d’uscita crescendo la propria
coscienza di individui. Assieme a quello onirico un altro tema portante della
narrativa di Micheli è quello dell’arte, in particolare del teatro. Attraverso
la relazione mediata dall’arte i personaggi acquistano la capacità di entrare
l’uno nell’altro, la capacità di conoscersi in profondità.
Rispetto alle opere precedenti, Indie occidentali e Elegia provinciale,
in questo nuovo lavoro l’atteggiamento dell’autore nei confronti dei personaggi
pare essersi evoluto in direzione di una maggiore affettuosità, di una più
intensa partecipazione emotiva. Una certa rigidità da regista onnisciente si è
fluidificata, cosicché i personaggi acquistano una maggiore compiutezza. Tra i
passi migliori del romanzo è senz’altro la descrizione della vita familiare di
Baruch in Giappone. Egli si innamorerà, infatti, di una giovane prostituta e
avrà un figlio da lei; riuscirà, inoltre, a riconquistare e difendere la sua
relazione sentimentale anche quando varie disavventure lo costringeranno ad un
periodo di prigionia sull’isola di Deshima, nella baia di Nagasaki, dove gli
shogun avevano confinato l’esiguo gruppo di mercanti occidentali risparmiati
dal decreto generale di espulsione del 1628. Questo episodio è narrato con
toccante lirismo.
Micheli è un autore esigente verso i propri lettori, richiede loro un’attenzione
notevole, la capacità di districarsi nei diversi registri che utilizza; in
questa prova, però, si passa dalla ricostruzione storica alla vita dei
personaggi con fluidità più sicura. Il linguaggio è, al pari che nelle opere
precedenti, molto ricco, talvolta iperletterario, ma con minori asprezze; si è
acquietato e ha trovato una sua dimensione lirica più costante. Un romanzo
forte, denso, che consiglio di leggere con la necessaria pazienza che un testo
di tale complessità esige.
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Recensione |
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