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La
silloge L'anima e il lago, pur composta da tredici liriche, potrebbe essere
letta come un'unica poesia o, meglio ancora, come un poemetto articolato secondo
una struttura armoniosamente conseguente. Alla fluidità della stesura
contribuisce anche la sapiente alternanza di settenari ed endecasillabi, mentre
assonanze e onomatopee ne potenziano la musicalità. Il lago (palude, abisso,
manto di seta), che inizialmente sembra protagonista assoluto, si trasfigura
poco a poco in un'entità magica, si umanizza in un luogo dello spirito fino a
coincidere con l’"anima dolente" e a condividere con essa l'oscuro enigma del
Mistero universale.
L'acqua
cangiante nelle ore del giorno, e con il variare delle stagioni, si illividisce
se resta contaminata dal disagio esistenziale. E cosi pure i colori del
paesaggio circostante si opacizzano in un grigiore crepuscolare fino a
estremizzarsi nel buio delle profondità lacustri che adombrano il "vuoto irreale
dell’anima" e la "fissità della morte".
Il lago
rabbrividisce e trema sotto le lacrime che piovono dal cielo, risponde alle
provocazioni del vento e si contorce di doglie, trafitto dagli strali partoriti
dalle nuvole nere, ma è anche capace d’inghiottire l'ultimo volo di gabbiano e
di chiudersi in cerchi concentrici sulle parole di pietra.
In realtà
il lago è una proiezione dell'anima, anzi, nella sua dimensione simbolica,
diventa, di volta in volta, varco metafisico, cratere vorticoso, omphalós,
porta inferi.
Quando
poi "l'ala tenebrosa della notte | si distende ampia sul lago", antiche paure
prendono corpo. Sagome scure, fantasmi inquietanti scivolano sulle acque, prima
lontani, poi sempre più vicini, fino a mostrare il loro aspetto scheletrico e
minaccioso.
In
un'Ombra che si avvicina dubbiosa, l'Autrice crede di riconoscere le sembianze
del padre, rimasto a lei sconosciuto perché morto in guerra prima della sua
nascita. Un attimo fugace e l'ombra svanisce, risucchiata dall'abisso fra le
alghe. Infatti, da suo padre, come dal Padre celeste, non giungono risposte o
spiegazioni. Nessuno sembra offrire l'appiglio di una ragione, nessuno che
faccia luce sul buio del Mistero.
Ma "lo
spirito errante senza pace" non si contenta, non sa lasciarsi vivere senza
riposte, per accogliere passivamente il silenzio. Anzi, sdoppiato dal corpo
"lasciato immobile come una veste | vuota, afflosciata, senza più colore | nel
canneto del lago", tenta di nuovo e risale verso l'Oltre. "Una porta di ferro
nero sbarra | la strada... " e "l'ambita Soglia del Mistero" rimane oscura,
serrata, impenetrabile.
Intanto sul lago, come ogni giorno, il sole torna a sorgere, gabbiani e aironi
disegnano i loro voli spensierati e la brezza increspa di nuovo il liquido
lucente delle acque.
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Recensione |
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