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Prefazione a
E dopo tre giorni
di Gianni Ferraresi

don Luigi Vitturi
docente presso lo Studium Generale Marcianum
Una parola che si fa carne!
Oggi sembra di
assistere quasi impotenti al declino delle parole, che perdono sempre di più
peso a vantaggio delle immagini. L'ascolto si fa difficile, più faticoso,
assecondando cosi il bisogno di vedere. E quando ci si affida alle parole,
spesso ci si accorge che sono sempre più sbiadite nel loro significato, tanto da
diventare anche equivoche. Il sintomo più evidente è che nessuno ha più il tempo
di fermarsi ad ascoltare: tutto scivola via veloce, troppo veloce. Esigenza
dell'uomo d'oggi è recuperare il silenzio dell'ascolto, non un silenzio vuoto,
una semplice assenza di rumore, ma un silenzio che aiuti od obblighi a
rientrare in se stessi, a fermarsi, per ridare alle parole la concretezza che
meritano e che è loro propria.
La poesia, "giocando" con le parole, assicura da sempre lo spazio necessario per
il silenzio, per l'ascolto, per la riflessione, permettendo di riappropriarsi
di ciò che rende l'uomo davvero e sempre di più uomo. Le parole, poi, come
veicolo di relazioni e rapporti, di intimità e di familiarità, ci avvicinano
sempre di più anche a Dio, la cui Parola in Gesù si e fatta carne.
L'autore della presente raccolta di poesie, nate da una riflessione umana e
di fede, da una lettura meditata della propria
e dell'altrui storia, lasciandosi provocare spesso dalla Parola del Vangelo, è
riuscito a dare "spessore" alle parole, non solo riempiendole di significati, ma
soprattutto lasciandole parlare da sole, sottolineando le pause di silenzio tra
una parola e l'altra.
La sua è una forma
di poesia che non ha un metro ben definito, anche se non manca di una certa omogeneità. Più che di qualcosa di strutturato, sembra che i concetti espressi
siano il frutto di uno "sfogo" spirituale, di una ricerca che tocca sia le corde
della lirica, che quelle della mistica, lasciando la libertà a chi legge di
cogliere degli stati d'animo, delle provocazioni, ed anche delle risposte,
talvolta nascoste dietro quella leggera e semplice forma di "ermetismo" che
è
tipica di chi, leggendo nel proprio intimo, vuole trasmettere qualcosa di
personale e nello stesso tempo di fecondo per gli altri.
Quasi in un gioco
di parole, il lettore si trova all'incrocio tra i gemiti e i desideri che escono
dal cuore di chi scrive, e la possibilità, leggendo, di riempire proprio quei
vuoti che rendono inquieto il proprio.
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